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Finalmente una nota positiva e, vale a dire, assistiamo ad una Professionista competente che guiderà il Ministero del Lavoro! Facciamo gli auguri di buon lavoro alla Dr.ssa Calderone, stimatissima Consulente del Lavoro che fino ad oggi ha guidato l’Ordine Nazionale della propria categoria professionale.

Sono anni che il mondo delle attività produttive, in cui opera il nostro sindacato datoriale, chiede a tutta la politica di affidare il Ministero del Lavoro ad un “addetto ai lavori” e, dunque, nominare come Ministro del Lavoro un professionista competente oppure un imprenditore lungimirante oppure ancora un sindacalista d’impresa perché è necessario, oggi come in futuro, incentivare continuamente la figura dell’imprenditore e quella del professionista i quali sono gli attori principali che creano occupazione.

Dunque, bisogna tutelare il mondo produttivo oltre a dover sostenere i dipendenti con le rispettive famiglie.

Noi di FederPartiteIva non ci occupiamo della politica ma, chiaramente, è insito nelle nostre finalità sociali prestare attenzione a chi guida politicamente il nostro Paese e la nostra Nazione.

Pertanto, chiediamo alla politica tutta – e quindi anche a tutti i partiti di minoranza – di fare fronte comune per meglio arginare questa gigante crisi economica e sociale che stiamo attraversando.

Il nostro appello al nuovo Governo Italiano è il seguente: rapidità ed efficienza!

Ed, inoltre chiediamo che il nostro nuovo Governo durante tutta la propria azione politica dica sempre e comunque la verità a tutti noi del popolo italiano.

L’A.N.P.A.L. ha da pochi giorni approvato il nuovo quadro operativo per il Programma “G.O.L.”, e vale a dire la misura di politica attiva del lavoro finanziata dal P.N.R.R. e denominata “Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori”, il quale è tutto incentrato su una più efficiente “profilazione quantitativa” e “profilazione qualitativa” grazie sia ai dati amministrativi alimentati dalla persona-utente (non solo giovani NEET ma anche e soprattutto disoccupati, lavoratori in transizione e beneficiari del reddito di cittadinanza) e sia da quelli comunicati dal datore di lavoro al momento dell’attivazione oppure della cessazione di un posto di lavoro. Così facendo la nuova valutazione (assessment) produrrà un intervento di politica attiva del lavoro sempre più cucito “sartorialmente” su ogni singolo beneficiario che sarà poi compreso in uno dei seguenti percorsi: 1) percorso di reinserimento lavorativo; 2) percorso di aggiornamento (upskilling); 3) percorso di riqualificazione (reskilling); 4) percorso lavoro e inclusione.

 

In merito alla produttività delle piccole e media imprese il Governo Italiano ha adottato diverse disposizioni urgenti, assieme a quelle attinenti alle politiche energetiche nazionali, per il tramite del Decreto Legge n° 50 del 17 maggio 2022 e nello specifico l’articolo 16 per sostenere la liquidità delle piccole e medie imprese, gli articoli 19 e 20 per supportare le imprese del comparto pesca e agricoltura, gli articoli 21 e 22 per la maggiorazione del credito d’imposta per gli “investimenti in beni immateriali 4.0” e del credito d’imposta “formazione 4.0” ed, infine, l’articolo 29 per favorire le imprese esportatrici.

 

Per quanto concerne l’accesso alla “staffetta generazionale” per favorire il pre-pensionamento a non più di tre anni dalla pensione di vecchiaia o anticipata di dipendenti all’interno delle imprese private è stato previsto, un contributo straordinario “aggiuntivo”, corrispondente al fabbisogno di copertura delle voci di costo, tutto a carico del datore di lavoro da versare ai Fondi di Solidarietà Bilaterale (compresi quei Fondi che dal 1° gennaio 2022 occupano almeno un dipendente ad eccezione di quelli “alternativi” che operano nei comparti dell’artigianato e della somministrazione di lavoro) per effetto del nuovo testo contenuto nell’articolo 12-ter del Decreto Legge n° 21/2022 il quale ha modificato sia l’articolo 26 e sia l’articolo 33 del D.Lgs. n° 148/2015. Precisamente il nuovo articolo 26, comma 9° lettera c-bis, prevede che tali Fondi possano assicurare, in via opzionale tra le diverse prestazioni riconosciute dai Fondi in questione come ad esempio il finanziamento di un programma formativo di riconversione o riqualificazione professionale, il versamento mensile dei contributi previdenziali, e quindi l’accesso alla “staffetta generazionale”, consentendo però la contestuale assunzione a tempo indeterminato di uno o più lavoratori non superiore ai 35 anni di età compiuti.

Secondo il Decreto Ministeriale 22/2022, che ha modificato il Decreto 94033/2016 attinente alla CIGS per i datori con più di 15 dipendenti, anche le micro e piccole imprese iscritte al FIS possono beneficiare – tramite apposita procedura semplificata diversamente da come accade per le medie e le grandi imprese – della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (C.I.G.S.).

La seconda novità positiva è che l’assegno d’integrazione salariale del FIS da richiedere nell’ambito della C.I.G.S. è esteso alle causali di riorganizzazione, crisi e solidarietà.

Per accedere alla Cassa Integrazione Straordinaria con la causale della “riorganizzazione” le micro e piccole imprese iscritte al FIS dovranno presentare un apposito “programma volto a fronteggiare le inefficienze gestionali” che vada nella direzione di un “consistente recupero della forza occupazionale” e che allo stesso tempo sia accompagnato da un “piano di gestione non traumatica” delle eccedenze di personale.

Per accedere alla CIGS con la causale della “crisi” i datori iscritti al FIS dovranno farne richiesta anche se gli effetti negativi sulla produttività aziendale siano presenti dopo la presentazione della domanda.

Ancora, per accedere alla CIGS con la causale della “solidarietà” bisognerà stipulare un accordo sindacale di natura aziendale e territoriale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Inoltre, si ricorda che le causali ordinarie e straordinarie del FIS possono essere utilizzate per un massimo di 26 settimane se trattasi di imprese con oltre 5 dipendenti e per un massimo di 13 settimane se trattasi di imprese fino a 5 dipendenti

La terza buona notizia – come prevista dalla Circolare 6/2022 del Ministero del Lavoro – riguarda anche la possibilità di poter usufruire di “ulteriori 12 mesi di cassa integrazione” per tutte le attività produttive che nel 2022 esauriscono il periodo dell’ammortizzatore sociale richiesto per “cessazione di attività” iniziato nel 2021 ma, tuttavia, la presente richiesta dovrà essere l’unica nel “quinquennio mobile” non ancora esaurito. In tal caso i datori di lavoro dovranno impegnarsi, dopo aver attivato la consultazione sindacale, a gestire il personale a rischio esubero con misure di “politiche attive del lavoro” definendo con la Regione di competenza (e anche con i Fondi Interprofessionali) le “azioni di formazione e riqualificazione” con cui perseguire la rioccupazione e l’autoimpiego dei dipendenti in questione che, pertanto, parteciperanno in virtù di un “accordo sindacale di transizione” ad un percorso di “ricollocazione collettiva” approvato da ANPAL.

Una ulteriore ed ultima novità è stata introdotta esclusivamente per le imprese con più di 15 dipendenti, come sancito nella Circolare 1/2022 del Ministero del Lavoro, che potranno ricorrere alla CIGS applicando la “nuova” causale della “riorganizzazione per processi di transizione anche di natura tecnologica e/o digitale” qualora si intende perseguire una “riconversione produttiva o funzionale” (rientrano anche le fusioni con altre imprese e le acquisizioni, per il tramite di un “accordo sindacale di transizione” approvato anche dal MISE e dalla Regione, che siano utili per superare le criticità gestionali di lungo respiro) che sia sempre supportata da una comprovata copertura finanziaria il sui ammontare può essere anche inferiore al valore medio annuo degli investimenti effettuati nel biennio precedente.

Come sappiamo dal 1° gennaio di quest’anno, per effetto dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2022 (Legge n° 234 del 2021), anche i datori di lavoro con un solo dipendente potranno richiedere l’ammortizzatore sociale (se non rientrano nel campo di applicazione della “Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria” in sigla C.I.G.O.), con riferimento a tutte le diverse causali, qualora dimostrino di attraversare una particolare e grave situazione di difficoltà economica-finanziaria al di là della causale dovuta all’emergenza sanitaria.

Con la circolare n° 3 del 16 febbraio 2022 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali chiarisce che sarà possibile accedere in maniera semplificata agli ammortizzatori sociali e vale a dire presentando un’apposita istanza senza aver espletato, in maniera preventiva (e anche in via telematica), l’informazione e la consultazione con i sindacati come sancito dall’art. 14 del D.Lgs. n° 148/2015 ma semplicemente depositando una “relazione tecnica semplificata” che, facendo riferimento al fatto notorio della crisi pandemica in atto, indichi le ricadute negative, anche di natura temporanea, circa la situazione finanziaria del singolo datore di lavoro che determina le difficoltà le quali giustificano la richiesta del pagamento diretto.

Ciò sta a significare che l’informativa sindacale dovrà comunque essere conclusa e comunicata successivamente all’INPS che, pertanto, potrà richiedere in fase di istruttoria l’attestazione dell’avvenuto espletamento della comunicazione preventiva al fine di tutelare gli interessi dei lavoratori dipendenti.

Tale deroga sarà in vigore, unicamente per le domande pervenute dal 1° gennaio 2022, fino al 31 marzo di quest’anno il quale rappresenta la fine dell’emergenza sanitaria che stiamo attraversando.

Concludendo, ci teniamo a precisare che è obbligatorio, anche ai fini del rilascio del DURC, dal 1° gennaio 2022 il versamento della contribuzione mensile al FIS per tutte le imprese, anche quelle con un solo dipendente, ad eccezione per i settori dell’artigianato, delle professioni e del trasporto aereo in quanto in tali casistiche è necessario far confluire i versamenti mensili agli appositi “Fondi di Solidarietà Bilaterali” che non vanno confusi con gli “Enti Bilaterali”.

Il datore di lavoro, con gli eventuali dirigenti, dovrà individuare – ai sensi del “nuovo” punto b-bis) del comma 1° dell’articolo 18 del T.U.S.L. ossia il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro – uno o più preposti, a seconda della gravità dei rischi presenti e dell’assetto organizzativo dell’impresa, i quali saranno autorizzati a svolgere le attività di vigilanza di cui all’articolo 19 del T.U.S.L. aggiornato, anche quest’ultimo articolo per effetto della Legge n. 215 del 17 dicembre 2021 entrata in vigore con la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale del 20 dicembre 2021, mediante l’introduzione della lettera a) del comma 1° che così recita:

“sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”.

Così facendo, la figura del “preposto” avrà un “ruolo esecutivo di auto-controllo e di prevenzione dei rischi” e, pertanto, tale figura diventerà la più importante all’interno del sistema aziendale di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro.

In virtù di tutto questo è stata apportata una modifica anche sulla formazione da somministrare alla “nuova” figura del preposto (precisamente al nuovo comma 7-ter dell’articolo 37 del testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) che sarà obbligato a seguire le dovute ore di lezione esclusivamente in aula e con una cadenza almeno biennale (e quindi non più ogni cinque anni) e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi. Quest’ultima modifica, a differenza delle prime menzionate, non è entrata in vigore dal 20 dicembre 2021 bensì entrerà in vigore entro il 30 giugno 2022 che è il termine ultimo in cui saranno rivisti gli Accordi tra Stato centrale e Regioni attinenti il D.Lgs. n° 81 del 2008.

Sempre con l’approvazione dei prossimi Accordi Stato-Regioni, che dovranno essere approvati entro la data del 30 giugno 2022, sarà modificata la modalità di “verifica finale” di apprendimento per i lavoratori-discenti di qualunque tipologia di corso di formazione ed, infine, sarà introdotta una specifica “esercitazione applicata” per tutte le differente tipologie di “addestramento per l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze e dispositivi”.

Prima di entrare nell’argomento è opportuno sintetizzare la situazione normativa prima dell’introduzione del Decreto Dignità nella quale, nei 14 anni precedenti al D.Lgs. n. 368/2001, si sono attuate ben 34 modifiche normative, l’ultima delle quali disponeva l’eliminazione delle causali obbligatorie in quanto erano fonte di contenzioso tra la parte prestatoriale e la parte datoriale (Legge n. 78/2014 che è stata frutto della conversione del D.Lgs. n. 34/2014). Quest’ultima modifica, come ben sappiamo, è stata abrogata nel 2018 dal Decreto Dignità il quale, in questa fase emergenziale, non rappresenta più di sé un istituto legislativo a tutela dei lavoratori dipendenti.

Proprio per fronteggiare l’emergenza sanitaria il Legislatore ha previsto, ai sensi dell’art. 93 del D.L. n. 34/2020, la possibilità fino al 31 dicembre 2021 di omettere di inserire le causali per i rinnovi e per le proroghe dei contratti a tempo determinato.

Insomma, il Legislatore ha compreso che, in generale, le causali rappresentano un ostacolo per la prosecuzione dei contratti di lavoro a tempo determinato ed, infatti, ha abrogato per i 6 mesi restanti l’obbligo di prevedere una delle causali introdotte con il Decreto Dignità (D.L. n. 87/2018 convertito con la Legge n. 96/2018 con cui possiamo essere anche parzialmente d’accordo) in quanto sono troppo generiche e anche poco aderenti alle esigenze delle imprese. La causale più incomprensibile è quella contenuta dalla lettera b) del comma 1° dell’articolo 19 del medesimo Decreto Dignità la quale è basata sulle “esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria” che così facendo escludono quelle esigenze aziendali dovute a incrementi di produttività che avvengono ciclicamente (periodo dei saldi estivi e dei saldi invernali, etc).

Non a caso, dall’introduzione del Decreto Dignità ad oggi, i datori di lavoro preferiscono assumere il dipendente con un contratto a tempo determinato per un massimo di 12 mesi per poi far cessare tale rapporto di lavoro reclutando, contestualmente, un “nuovo” lavoratore.

Onde evitare la conclusione di tali rapporti di lavoro a tempo determinato il Legislatore è corso al riparo introducendo – con la lettera b-bis dell’art. 41-bis della Legge n. 106/2021 – la possibilità di utilizzare le causali previste dai CCNL e dagli Accordi Sindacali di natura aziendale.

Per noi di FederPartiteIva questa “apertura” normativa nei confronti della contrattazione collettiva svolta dai sindacati rappresenta l’azione più logica e naturale perché riteniamo che soltanto in tale maniera le imprese e i dipendenti potranno instaurare dei rapporti di lavoro a tempo determinato davvero “cuciti su misura” per ogni specifica esigenza produttiva.

Dunque, dopo tre anni dall’introduzione del Decreto Dignità, è possibile assumere personale mediante contratti a tempo determinato utilizzando, oltre i primi 12 mesi, una delle causali previste dai CCNL a livello nazionale, dagli Accordi Sindacali di natura territoriale e dagli Accordi Sindacali di natura aziendale sottoscritti dalle R.S.A. (Rappresentanze Sindacali Aziendali).

Nella pratica, a livello aziendale, si potranno individuare specifiche causali per le quali sarà possibile instaurare contratti a tempo determinato.

Con quale modalità si inseriscono le causali previste dalla contrattazione collettiva e dagli accordi sindacali nei contratti di lavoro individuali al fine di limitare al minimo i contenziosi con il personale dipendente?

C’è da precisare che l’utilizzo delle diverse causali previste dalla contrattazione collettiva e dagli accordi sindacali territoriali e aziendali è attenzionato dalla Magistratura e, pertanto, è chiaro le causali dovranno rispecchiare il caso concreto e non essere frutto di un abuso. Altrimenti, è bene ricordarlo che la mancanza e/o la genericità delle causali generiche determineranno la trasformazione di tali rapporti di lavoro da tempo determinato in quelli a tempo indeterminato.

Le causali dovranno, dunque, riferirsi a “specifiche esigenze aziendali” le quali dovranno essere identificabili e  verificabili per il tramite di dati analitici ed esaustivi da riportare nel contratto e, non caso, si riprende il concetto di fondo del D.Lgs. n. 368/2001 secondo cui il datore di lavoro dovrà rendere evidente la “specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive e organizzative che l’impresa sia chiamata a realizzare e l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata e in stretto collegamento con la stessa” (Cassazione n. 22496 del 9 settembre 2019 e Cassazione n. 208/2015).

Infine, con la Nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 1363 del 14 settembre 2021, scaturita dall’interpretazione dell’art. 41-bis del Decreto Legge n. 73/2021 convertito dalla Legge n. 106/2021, è possibile rinnovare e prorogare oltre i 12 mesi quei contratti a tempo determinato vincolato dalle specifiche e verificabili esigenze aziendali anche successivamente alla data del 30 settembre 2002 che rappresenta il termine ultimo per il regime provvisorio del Decreto Sostegni Bis.

Il nostro sindacato datoriale rilancia le priorità per il nostro Paese affinché si innesti nel tessuto economico e sociale un’adeguata e profonda ripresa da agganciare possibilmente con il PNRR.
E’ necessario ribadire che per noi di FederPartiteIva si ritiene inopportuno parlare di “lotta all’evasione fiscale fine a sé stessa” come la panacea di tutti mali perché è sotto gli occhi di tutti che, da decenni e decenni a questa parte, il nostro sistema pubblico di riscossione dei tributi non è performante.
Anzi, constatiamo che si incassa pochissimo nonostante ci sia un’alta pressione fiscale abbinata ad una eccessiva burocrazia fatta da regole che cambiamo di continuo che spesso risultano poche chiare e che occupano più giornate di lavoro rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea.
L’evasione fiscale nel nostro Paese consta di 80 miliardi di lavoro sommerso che va ad aggiungersi alla parte sommersa proveniente dalla criminalità, di circa 20 milioni di cittadini in debito con l’Erario, del 50% dei debiti provenienti da ogni singolo cittadino che è pari a meno di mille euro.

Pertanto, FederPartiteIva auspica che la politica si faccia carico quanto di prima di costruire, avendo una visione d’insieme, un nuovo impianto fiscale “davvero giusto” per le imprese, per i professionisti e per le famiglie onde evitare in futuro di approvare ulteriori “condoni fiscali”. Tutto questo va per forza di cose abbinata ad un’autentica semplificazione della burocrazia e della “giungla” normativa.

Ancora, è necessario intervenire in maniera “strutturale” anche nel versante del mercato del lavoro ed, in primis, concentrandosi sulle “politiche attive del lavoro”, che per noi di FederPartiteIva andrebbero finanziate adeguatamente anche dal PNRR, sulla riforma degli ammortizzatori sociali al fine di introdurre un “unico ammortizzatore sociale” per le micro e piccole imprese, sulla riformulazione del “lavoro stagionale” e su un cospicuo abbattimento del “cuneo fiscale”.
Concludendo, per quanto concerne l’aspetto previdenziale del nostro Paese, è opportuno anche mettere mano sulle pensioni per attuare una giusta “riforma delle pensioni” e continuando a valorizzare la previdenza complementare.

L’I.S.C.R.O. è l’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa che rappresenta l’Indennità di “sostegno al reddito”, ossia la Cassa Integrazione, per i professionisti e i lavoratori autonomi introdotta con la Legge di Bilancio 2021 e che sarà in fase di sperimentazione fino al 2023.

Le domande dovranno essere trasmesse dal 1° al 31 ottobre in modalità telematica, come sancito dalla Circolare INPS n° 94/2021, e i destinatari della misura sono i professionisti e i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata (compresi i partecipanti agli studi associati o alle società semplici) che esercitano abitualmente attività di lavoro autonomo connesso all’esercizio di arti e professioni (artisti, lavoratori dello spettacolo, lavoratori dello sport, consulenti del lavoro, medici, biologi e così discorrendo).

L’importo mensile dell’ISCRO non potrà essere inferiore ai 250 euro e non potrà superare quello di 800 euro e, nello specifico, è pari al 25% su base semestrale dell’ultimo reddito da lavoro autonomo certificato dall’Agenzia delle Entrate e già trasmesso da quest’ultima all’INPS precedentemente alla data di presentazione della domanda.

L’indennità ISCRO è riconosciuta a quei professionisti e lavoratori autonomi che possono far valere congiuntamente i seguenti requisiti:
non essere titolari di trattamento pensionistico diretto e non essere assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
non essere beneficiari del reddito di cittadinanza;
avere prodotto, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito da lavoro autonomo inferiore al 50% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni anteriori all’anno precedente alla presentazione della domanda;
avere dichiarato, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore ai 8.145 euro;
essere in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
essere titolari di Partita IVA attiva da almeno quattro anni.

Tale indennità infine è incompatibile con le seguenti prestazioni:
pensioni dirette a carico, anche pro quota, dell’AGO e delle forme esclusive, sostitutive, esonerative e integrative della stessa e delle forme previdenziali compatibili con l’AGO;
reddito di cittadinanza;
indennità NASPI;
indennità DIS-COLL.

Per il sindacato datoriale FederPartiteIva questa misura rappresenta un “micro” intervento di “sostegno al reddito” che non potrà soddisfare minimamente i professionisti e le altre categorie di lavoratori autonomi il quale, assieme alle difficoltà di accesso alle indennità di maternità e di malattia coperte dall’INPS, offre un quadro pietoso che non lascia immaginare una prospettiva migliore per il futuro di tali lavoratori “guerrieri” che tanto contribuiscono al sistema produttivo del Paese.

Il nostro sindacato datoriale augura a tutte le imprese, a tutti i professionisti e a tutti cittadini e famiglie italiane una buona Festa della Repubblica Italiana auspicando che:
– si continui con l’ottima fase delle vaccinazioni;
– si introduca un adeguato “abbassamento” della pressione fiscale;
– si realizzi uno “snellimento” della burocrazia;
– si disegni una giustizia più “giusta” e “veloce”.
Un ringraziamento lo rivolgiamo al Presidente della Repubblica Mattarella.
Auguri a tutti!

Fino alla data del 31 marzo 2021 sappiamo perfettamente che non sono ammessi i “licenziamenti per giustificato motivo oggettivo” ad eccezione, però, di quelli convalidati esclusivamente per il tramite di un “accordo collettivo aziendale” che abbia ad oggetto “un adeguato incentivo” per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e limitatamente a quei lavoratori che aderiranno al predetto accordo, ai sensi del comma 311 dell’art. 1 della Legge n° 178/2020, i quali avranno diritto di percepire la prestazione di disoccupazione NASPI.

Con la Circolare INPS n° 111/2020 si ribadisce che tale “accordo collettivo aziendale”, ai fini della percezione della NASPI, va allegato unitamente alla relativa richiesta di indennità di disoccupazione il quale, però, non va depositato presso il Ministero del Lavoro secondo le previsioni dell’art. 14 del D.Lgs. n° 151/2015.

Pertanto, non sono ammessi accordi collettivi territoriali oppure nazionali e, quindi, sono validi i licenziamenti per g.m.o., con il diritto per i lavoratori di riscuotere la NASPI, esclusivamente se formalizzati per il tramite degli accordi collettivi di natura aziendale.

Poiché sono emersi dubbi interpretativi provenienti da alcune filiali territoriali dell’INPS circa l’espressione utilizzata dal Legislatore nel menzionare che l’accordo collettivo aziendale sia stipulato “dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”, si precisa – mediante il Messaggio INPS n° 689 del 17 febbraio 2021 – che è sufficiente la firma anche di una sola organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale.

Sul periodo precedente si intuisce che le R.S.A. oppure le R.S.U. non potranno sottoscrivere tali accordi e, riflettendo, consideriamo che queste potranno siglare tali documenti “ad abundantiam” e, pertanto, aggiungendosi alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Tali interruzioni “consensuali” formalizzati con il predetto “accordo collettivo aziendale” dei rapporti di lavoro vanno riportati con il Codice Tipo cessazione “2A” all’interno del flusso Uniemens come previsto dal Messaggio INPS n° 528 del 5 febbraio 2021. Ed, infine, le imprese che hanno già utilizzato codici diversi sono tenuti a fare le opportune rettifiche.

Ma cosa dovrà contenere tale accordo collettivo aziendale?

La normativa emanata su questo punto durante tutta questa emergenziale è abbastanza scarna ed, infatti, ha riportato soltanto le indicazioni inerenti il contenuto (incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo) e, quindi, si reputano questi elementi:

– i profili dei lavoratori che si considerano in eccedenza senza l’indicazione dei nominativi dei lavoratori in questione;
– le somme destinate all’incentivo all’esodo parametrate sul numero delle mensilità riconosciute e diversificate in ragione dell’anzianità lavorativa, del livello o della categoria professionale o di situazioni personali ben conosciute;
– la data entro la quale i lavoratori interessati dovranno esprimere il loro consenso mediante la sottoscrizione dell’accordo;
– l’eventuale sede in cui formalizzare che può essere, oltre alla sede lavorativa, una “sede protetta” ossia la Sede Sindacale oppure l’apposita Commissione di Conciliazione dell’Ispettorato del Lavoro. Se l’incentivo all’esodo verrà elargito in “sede protetta” (Sede Sindacale oppure Ispettorato del Lavoro) il lavoratore non sarà tenuto alla conferma della risoluzione consensuale mediante la procedura informatica prevista dal D.M. del Ministro del Lavoro a seguito della previsione dell’art. 26 del D.Lgs. n° 151/2015.

Concludendo, si precisa che il datore di lavoro – con la stipula di tali accordi collettivi aziendali – è obbligato al pagamento del ticket di ingresso alla NASPI come sancito dall’art. 2, comma 31, della Legge n° 92/2021 e dalle Circolari INPS n° 140/2021, n° 44/2013 e n° 40/2020. Quest’ultima chiarisce, in maniera esauriente, sia le modalità di calcolo e sia le ipotesi nelle quali il ticket non è dovuto come ad esempio nei casi di c.d. “isopensione” ex art. 4, commi da 1 a 7 ter, della Legge n° 92/2021, di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un dipendente già pensionato, di risoluzione consensuale in “sede protetta” ex art. 410 e 411 del C.p.C. con datore di lavoro avente meno di quindici dipendenti come precisato dal Ministero del Lavoro con la Nota del 12 febbraio 2016 e così discorrendo.