Secondo il Decreto Ministeriale 22/2022, che ha modificato il Decreto 94033/2016 attinente alla CIGS per i datori con più di 15 dipendenti, anche le micro e piccole imprese iscritte al FIS possono beneficiare – tramite apposita procedura semplificata diversamente da come accade per le medie e le grandi imprese – della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (C.I.G.S.).

La seconda novità positiva è che l’assegno d’integrazione salariale del FIS da richiedere nell’ambito della C.I.G.S. è esteso alle causali di riorganizzazione, crisi e solidarietà.

Per accedere alla Cassa Integrazione Straordinaria con la causale della “riorganizzazione” le micro e piccole imprese iscritte al FIS dovranno presentare un apposito “programma volto a fronteggiare le inefficienze gestionali” che vada nella direzione di un “consistente recupero della forza occupazionale” e che allo stesso tempo sia accompagnato da un “piano di gestione non traumatica” delle eccedenze di personale.

Per accedere alla CIGS con la causale della “crisi” i datori iscritti al FIS dovranno farne richiesta anche se gli effetti negativi sulla produttività aziendale siano presenti dopo la presentazione della domanda.

Ancora, per accedere alla CIGS con la causale della “solidarietà” bisognerà stipulare un accordo sindacale di natura aziendale e territoriale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Inoltre, si ricorda che le causali ordinarie e straordinarie del FIS possono essere utilizzate per un massimo di 26 settimane se trattasi di imprese con oltre 5 dipendenti e per un massimo di 13 settimane se trattasi di imprese fino a 5 dipendenti

La terza buona notizia – come prevista dalla Circolare 6/2022 del Ministero del Lavoro – riguarda anche la possibilità di poter usufruire di “ulteriori 12 mesi di cassa integrazione” per tutte le attività produttive che nel 2022 esauriscono il periodo dell’ammortizzatore sociale richiesto per “cessazione di attività” iniziato nel 2021 ma, tuttavia, la presente richiesta dovrà essere l’unica nel “quinquennio mobile” non ancora esaurito. In tal caso i datori di lavoro dovranno impegnarsi, dopo aver attivato la consultazione sindacale, a gestire il personale a rischio esubero con misure di “politiche attive del lavoro” definendo con la Regione di competenza (e anche con i Fondi Interprofessionali) le “azioni di formazione e riqualificazione” con cui perseguire la rioccupazione e l’autoimpiego dei dipendenti in questione che, pertanto, parteciperanno in virtù di un “accordo sindacale di transizione” ad un percorso di “ricollocazione collettiva” approvato da ANPAL.

Una ulteriore ed ultima novità è stata introdotta esclusivamente per le imprese con più di 15 dipendenti, come sancito nella Circolare 1/2022 del Ministero del Lavoro, che potranno ricorrere alla CIGS applicando la “nuova” causale della “riorganizzazione per processi di transizione anche di natura tecnologica e/o digitale” qualora si intende perseguire una “riconversione produttiva o funzionale” (rientrano anche le fusioni con altre imprese e le acquisizioni, per il tramite di un “accordo sindacale di transizione” approvato anche dal MISE e dalla Regione, che siano utili per superare le criticità gestionali di lungo respiro) che sia sempre supportata da una comprovata copertura finanziaria il sui ammontare può essere anche inferiore al valore medio annuo degli investimenti effettuati nel biennio precedente.

Come sappiamo dal 1° gennaio di quest’anno, per effetto dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2022 (Legge n° 234 del 2021), anche i datori di lavoro con un solo dipendente potranno richiedere l’ammortizzatore sociale (se non rientrano nel campo di applicazione della “Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria” in sigla C.I.G.O.), con riferimento a tutte le diverse causali, qualora dimostrino di attraversare una particolare e grave situazione di difficoltà economica-finanziaria al di là della causale dovuta all’emergenza sanitaria.

Con la circolare n° 3 del 16 febbraio 2022 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali chiarisce che sarà possibile accedere in maniera semplificata agli ammortizzatori sociali e vale a dire presentando un’apposita istanza senza aver espletato, in maniera preventiva (e anche in via telematica), l’informazione e la consultazione con i sindacati come sancito dall’art. 14 del D.Lgs. n° 148/2015 ma semplicemente depositando una “relazione tecnica semplificata” che, facendo riferimento al fatto notorio della crisi pandemica in atto, indichi le ricadute negative, anche di natura temporanea, circa la situazione finanziaria del singolo datore di lavoro che determina le difficoltà le quali giustificano la richiesta del pagamento diretto.

Ciò sta a significare che l’informativa sindacale dovrà comunque essere conclusa e comunicata successivamente all’INPS che, pertanto, potrà richiedere in fase di istruttoria l’attestazione dell’avvenuto espletamento della comunicazione preventiva al fine di tutelare gli interessi dei lavoratori dipendenti.

Tale deroga sarà in vigore, unicamente per le domande pervenute dal 1° gennaio 2022, fino al 31 marzo di quest’anno il quale rappresenta la fine dell’emergenza sanitaria che stiamo attraversando.

Concludendo, ci teniamo a precisare che è obbligatorio, anche ai fini del rilascio del DURC, dal 1° gennaio 2022 il versamento della contribuzione mensile al FIS per tutte le imprese, anche quelle con un solo dipendente, ad eccezione per i settori dell’artigianato, delle professioni e del trasporto aereo in quanto in tali casistiche è necessario far confluire i versamenti mensili agli appositi “Fondi di Solidarietà Bilaterali” che non vanno confusi con gli “Enti Bilaterali”.

Il datore di lavoro, con gli eventuali dirigenti, dovrà individuare – ai sensi del “nuovo” punto b-bis) del comma 1° dell’articolo 18 del T.U.S.L. ossia il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro – uno o più preposti, a seconda della gravità dei rischi presenti e dell’assetto organizzativo dell’impresa, i quali saranno autorizzati a svolgere le attività di vigilanza di cui all’articolo 19 del T.U.S.L. aggiornato, anche quest’ultimo articolo per effetto della Legge n. 215 del 17 dicembre 2021 entrata in vigore con la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale del 20 dicembre 2021, mediante l’introduzione della lettera a) del comma 1° che così recita:

“sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”.

Così facendo, la figura del “preposto” avrà un “ruolo esecutivo di auto-controllo e di prevenzione dei rischi” e, pertanto, tale figura diventerà la più importante all’interno del sistema aziendale di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro.

In virtù di tutto questo è stata apportata una modifica anche sulla formazione da somministrare alla “nuova” figura del preposto (precisamente al nuovo comma 7-ter dell’articolo 37 del testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) che sarà obbligato a seguire le dovute ore di lezione esclusivamente in aula e con una cadenza almeno biennale (e quindi non più ogni cinque anni) e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi. Quest’ultima modifica, a differenza delle prime menzionate, non è entrata in vigore dal 20 dicembre 2021 bensì entrerà in vigore entro il 30 giugno 2022 che è il termine ultimo in cui saranno rivisti gli Accordi tra Stato centrale e Regioni attinenti il D.Lgs. n° 81 del 2008.

Sempre con l’approvazione dei prossimi Accordi Stato-Regioni, che dovranno essere approvati entro la data del 30 giugno 2022, sarà modificata la modalità di “verifica finale” di apprendimento per i lavoratori-discenti di qualunque tipologia di corso di formazione ed, infine, sarà introdotta una specifica “esercitazione applicata” per tutte le differente tipologie di “addestramento per l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze e dispositivi”.

La Presidenza Nazionale di FederPartiteIva augura ai propri iscritti e ai propri dirigenti e delegati, nazionali e territoriali, un santo Natale e un felice anno nuovo!

Con l’auspicio che la politica apporti adeguate misure strutturali per agganciare la ripresa economica del nostro Paese, la nostra organizzazione sindacale datoriale chiede che si approvi una forte riduzione dell’imposizione fiscale sui redditi d’impresa e sul cuneo fiscale (attinente alla tenuta dei cedolini dei dipendenti che, così come previsto dalla Finanziaria 2022, risulta conveniente soltanto per gli stipendi prossimi ai 17.250,00 euro)  ed, infine, chiede che si riformuli il “contratto di ri-occupazione” (il quale si è dimostrato un vero flop in quanto le richieste di tale misura sono state soltanto 4 mila su un totale di 325 mila casistiche) per permettere davvero alle imprese di riassumere più lavoratori.

Buone feste da FederPartiteIva!!!

Dal 1° gennaio 2022 entrerà in vigore la “certificazione della parità di genere” la quale sarà rilasciata alle imprese, ai professionisti e agli altri restanti datori di lavoro che garantiranno gli stessi stipendi e gli stessi diritti “economici” dei dipendenti e dei quadri e dirigenti uomini alle dipendenti e alle dirigenti e quadri donne. Tale certificazione, oltre a garantire identici stipendi e identiche mansioni per le lavoratrici e per i lavoratori, sarà strutturata anche sulle diverse politiche, misure e azioni adottate per favorire le stesse opportunità di crescita e di progressione di carriera e per favorire la maternità.

Tale “certificazione della parità di genere” consentirà ai datori di lavoro più attenti e più sensibili alla tematica della “parità salariale” tra uomo e donna di poter usufruire di diverse agevolazioni e incentivi come, ad esempio, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali nel limite dell’1% e di 50 mila euro annui e l’ottenimento di ulteriori aiuti di Stato e/o finanziamenti e contributi pubblici in generale.

Ancora, gli Enti Pubblici, nei rispettivi bandi di gara per l’acquisto di beni e servizi, favoriranno quelle imprese in possesso della “certificazione della parità di genere”

L’obiettivo della presente legge si muove su due direttrici: la prima intende annullare il “salary gap” tra uomo e donna, mentre, la seconda persegue il raggiungimento della piena partecipazione delle donne nel mercato del lavoro in quanto, in Italia, una buona fetta di queste non hanno la possibilità di esprimere a pieno le proprie capacità umane e tecniche nei vari contesti lavorativi.  

E questo fenomeno incide, purtroppo come un macigno, sul PIL della nostra economia al pari delle altre problematiche quali l’eccesso di imposizione fiscale, l’eccesso di burocrazia, l’assenza di adeguati servizi per le donne lavoratrici con figli e la liberalizzazione di diversi settori economici. Nello specifico si stima che tale urgenza sociale fa perdere ogni anno almeno l’8% al nostro Prodotto Interno Lordo.

Andando nello specifico della questione, uno studio diffuso nel 2018 dall’ISTAT ha rilevato, ad esempio, che la retribuzione “media” giornaliera di una donna laureata è pari a 19,60 euro contro i 23,90 euro dei lavoratori uomini.

Un peculiare obbligo, il quale se non rispettato sarà sanzionato su verifica da parte dell’Ispettorato del Lavoro, sarà richiesto alle organizzazioni (anche a tutti gli enti della Pubblica Amministrazione) con più di 50 dipendenti ed, infatti, si dovrà ogni due anni redigere un rapporto in cui riportare lo stato dell’occupazione femminile e maschile, lo stato della formazione del personale dipendente femminile e maschile, lo stato delle opportunità di crescita e della progressione di carriera per le lavoratrici, lo stato dei pre-pensionamenti e così discorrendo.

Concludendo, prossimamente il Presidente del Consiglio dei Ministri stabilirà, per il tramite di appositi decreti, i parametri minimi per il conseguimento della certificazione in questione e le modalità di monitoraggio del fenomeno oltre ad istituire il “Comitato Tecnico permanente sulla Certificazione di genere nelle imprese” presso il Dipartimento per le Pari Opportunità.

FederPartiteIva chiede un impiego massiccio per la riduzione del carico fiscale e del cuneo fiscale a vantaggio anche dei dipendenti per permettere il rilancio dei consumi.

Del totale delle risorse messe in campo dal disegno di legge della Legge di Bilancio per il 2022 soltanto 8 miliardi di euro sono destinati per l’abbassamento del prelievo fiscale. FederPartiteIva chiede alla politica di impegnarsi maggiormente su questo fronte in quanto soltanto con una forte riduzione del carico fiscale il mondo delle partite iva, ossia imprese e professionisti, potrà iniziare ad essere sul serio competitivo. Lo stesso focus va indirizzato anche per favorire l’abbattimento delle imposte ai dipendenti in maniera tale da rilanciare sul serio i consumi interni alla nostra economia. La nostra organizzazione sindacale auspica che i fondi destinati all’abbassamento delle imposte e delle tasse sia pari ad almeno 15 miliardi di euro, e vale a dire alla metà della finanziaria, in quanto è giunto oramai il momento di osare e di dare una sterzata energica alla nostra economia interna.

Riguardo alla questione del Reddito di Cittadinanza il nostro sindacato datoriale è di base favorevole a tale strumento per arginare la povertà ma, allo stesso tempo, chiede al Parlamento Italiano di introdurre dei correttivi onde evitare gli abusi da parte di cittadini che continuano a truffare le casse dell’Erario danneggiando così facendo anche chi realmente ha necessità di beneficare di tale paracadute sociale. Ancora, FederPartiteIva chiede che venga data la possibilità ai disoccupati di poter usufruire di percorsi formativi totalmente gratuiti, offerti dalle imprese del settore, che dovranno essere a totale carico dello Stato.

Bene il discorso attinente al superbonus del 110%, al bonus facciate e al bonus casa: la nostra organizzazione sindacale sposa a pieno la proroga fino al 2023 dei diversi bonus e la proroga fino al 2024 dello sconto in fattura e della cessione del credito, in quanto così facendo si permette il rilancio del comparto edile e dell’intero indotto, ma auspica che vengano introdotti dei paletti per scongiurare le frodi.

In merito allo spazio dedicato alla ricerca e all’università FederPartiteIva pretende dai nostri rappresentanti politici e dal Governo Italiano un maggiore sforzo al di fuori dell’aumento della dotazione del Fondo di Finanziamento Ordinario per le Università e del Fondo Italiano per la Scienza.

Leggendo la parte dedicata al lavoro e alla previdenza sociale si approva la riforma degli ammortizzatori sociali la quale è orientata nella direzione della semplificazione e della protezione dei dipendenti delle micro e piccole imprese (apprendisti e lavoratori a domicilio) e delle altre tipologie di datori di lavoro non imprenditori (ad esempio il Terzo Settore). Per quanto concerne, invece, la misura “Opzione Donna” la finanziaria prevede la proroga senza innalzare i requisiti a 60 anni come previsto nella prima bozza e, pertanto, per le dipendenti è necessario raggiungere i 58 anni e per le autonome i 59 anni.

Per concludere si riportano di seguito le altre misure destinate alle attività produttive:

  • rifinanziamento con 3 miliardi di euro del “Fondo di Garanzia” per le PMI;
  • 900 milioni di euro per la “Nuova Sabatini”;
  • crediti d’imposta “Transizione 4.0” fino al 2025;
  • rifinanziamento del “Fondo 394” gestito da SIMEST a sostegno delle strategie aziendali di internalizzazione delle imprese sostenuto anche con i fondi provenienti dal PNRR.
IL PRESIDENTE MATTARELLA ALL’ALTARE DELLA PATRIA IN OCCASIONE DEL GIORNO DELL’UNITA’ NAZIONALE E DELLA GIORNATA DELLE FORZE ARMATE
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate, si è recato all’Altare della Patria dove ha deposto una corona d’alloro sulla Tomba del Milite Ignoto. Nella circostanza, ha inviato al Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, il seguente messaggio:
«Si ricordano quest’anno quattro importanti anniversari: 160 anni dell’Unità d’Italia, 150 anni di Roma Capitale, 100 anni del trasferimento al Vittoriano della salma del Soldato Ignoto, 75 anni di Repubblica. Momenti fondamentali della nostra storia che troveranno espressione solenne il 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, all’Altare della Patria.
In questo giorno il pensiero va a quanti hanno sofferto, sino all’estremo sacrificio, per lasciare alle giovani generazioni un’Italia unita, indipendente, libera, democratica. L’intero popolo italiano guarda con sentimenti di commozione a tutte le vittime delle guerre. La loro memoria rappresenta il più profondo e sincero stimolo ad adempiere ai doveri di cittadini italiani ed europei.
Il centesimo anniversario della traslazione del Soldato Ignoto all’Altare della Patria richiama alla coscienza nazionale l’immane sacrificio delle Forze Armate e del Paese intero nei conflitti che hanno attraversato la storia europea del ‘900.
La nostra storia è segnata dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale: nel dolore condiviso si è cementato un sentimento di fratellanza inestinguibile tra il Paese e i cittadini in uniforme.
Oggi gli eredi di quelle tradizioni confermano di rappresentare un patrimonio di virtù civiche, di coesione, responsabilità, a disposizione del Paese.
Uomini e donne in uniforme sono sempre pronti a profondere il loro prezioso impegno nell’assolvimento dei compiti loro assegnati da Parlamento e Governo, al servizio della comunità internazionale nelle operazioni di mantenimento della pace e, sul territorio nazionale, al fianco delle altre componenti dello Stato.
Soldati, marinai, avieri, carabinieri, finanzieri e personale civile della difesa, il vostro operato, espressione di valore, professionalità e dedizione, è riconosciuto e apprezzato quotidianamente.
Nazioni Unite, Alleanza Atlantica e Unione Europea, rappresentano i riferimenti della nostra politica estera e di sicurezza.
In seno a questi Organismi l’Italia opera, grazie al vostro contributo, come protagonista per il mantenimento della pace e della stabilità e per salvaguardare i valori di libertà, giustizia e cooperazione sanciti nella Costituzione.
La Repubblica sa di poter contare su ciascuno di voi e sull’indissolubile giuramento di fedeltà che avete prestato.
A tutti voi e alle vostre famiglie rivolgo in questa occasione l’augurio più cordiale e l’affettuoso saluto del popolo italiano.
Viva le Forze Armate, viva la Repubblica».

Dal 15 ottobre fino al 31 dicembre 2021 è obbligatorio, per ciascuna tipologia di datore di lavoro, richiedere ad ogni lavoratore, prima dell’ingresso nei luoghi di lavoro, il Green Pass ossia la Certificazione Verde introdotta dal D.L. n° 127/2021.

Riportiamo di seguito tutte le domande ricorrenti senza avere la pretesa di individuare tutte le casistiche del caso:

1) Chi è sottoposto all’esibizione del Green Pass? E chi è, invece, la persona preposta al controllo del possesso di tale certificazione verde?

Sono obbligati ad esibire il Green Pass tutti coloro che si recano in azienda e, pertanto, oltre ai dipendenti sono sottoposti a tutto questo anche i tirocinanti, gli stagisti, i lavoratori in somministrazione soltanto quanto accedono sul posto di lavoro in cui svolgeranno la missione, gli appaltatori e i volontari delle associazioni senza scopo di lucro.

Tale obbligo vige sia per i lavoratori delle aziende private e sia per i lavoratori pubblici.

2) Come si dovrà effettuare la verifica dei Green Pass?

In una FAQ del sito internet del Governo Italiano si suggerisce che sia un delegato del datore di lavoro a svolgere questa operazione, ma, è di buon senso ritenere che nelle micro imprese, e anche nelle piccole aziende, possa essere lo stesso datore di lavoro a poter effettuare questa operazione.

3) Nel caso in cui un dipendente venga trovato senza Green Pass o con certificazione scaduta cosa bisogna fare?

Il datore di lavoro, oppure il proprio dipendente delegato all’operazione di verifica, dovrà allontanare il lavoratore facendo seguire anche una comunicazione scritta firmata da inviare per e-mail oppure per il tramite della piattaforma messagistica WhatsApp contenente appunto la nota scritta firmata.

4) Quali sono gli effetti dell’assenza ingiustificata per effetto della mancata esibizione del Green Pass?

Questa tipologia di “assenza ingiustificata” viene imposta dalla legge per i lavoratori che non sono dotati di Certificazione Verde ed, infatti, non è possibile passare al licenziamento per effetto di tale tipologia di assenza prolungata.

Dal giorno della sospensione dal lavoro, la quale scatta immediatamente, fino all’ultimo giorno di tale periodo di assenza ingiustificata il dipendente non avrà diritto a percepire la retribuzione e alle altre prestazioni economiche quali ad esempio il TFR e le varie indennità.

Anche se la normativa non lo chiarisce, non è dovuta neanche la contribuzione in quanto tale tipologia di “assenza ingiustificata” viene imposta dalla legge.

5) Tale controllo va svolto anche per i lavoratori autonomi che accedono nei luoghi di lavoro?

Come precisato nella risposta al primo quesito, tutti coloro che accedono nei luoghi di lavoro dovranno esibire il proprio Green Pass e, pertanto, il lavoratore autonomo oppure professionista che si reca in azienda (sia se titolare o meno del numero di partita iva) sprovvisto della Certificazione Verde non potrà svolgere la propria attività lavorativa rischiando, se tale stato si prolunga nel tempo, anche la risoluzione del contratto.

6) Tale verifica va svolta per i “lavoratori agili” vale a dire in “smart working” e anche per i “lavoratori a domicilio” e “tele-lavoratori”?

No se l’attività lavorativa sarà svolta esclusivamente nel proprio domicilio.

7) Tale controllo riguardano anche i lavoratori di imprese straniere che operano in Italia?

Sì e tale verifica dovrà essere svolta sia dal datore di lavoro ospitante e sia dal datore di lavoro che fornisce il distacco transnazionale.

8) Nelle grandi imprese è possibile che un dipendente, dietro la propria volontà, possa trasmette il QR CODE per il tramite di una e-mail onde evitare lunghe file all’ingresso?

Sì, sempre se tale procedura non sia stata preclusa dal datore di lavoro.

9) Come si dovranno svolgere queste verifiche?

Sul punto la normativa lascia ampio margine di manovra per ogni impresa purché sia la verifica venga effettuata al momento dell’ingresso nel luogo di lavoro per il tramite dell’app “Verifica C19”.

10) Il controllo del Green Pass è obbligatorio anche per le imprese del comparto dell’agricoltura?

Sì.

11) E’ possibile svolgere tale verifica “a campione”?

Sì ma soltanto se è stato opportunamente comunicato ad ogni lavoratore. In questo caso, inoltre, è sempre possibile per il datore di lavoro verificare il Green Pass anche durante l’orario di lavoro.

12) Può un dipendente comunicare di non volersi sottoporre a tale verifica in quanto dichiara di non essere dotato del Green pass?

E’ possibile ed, ovviamente, tale lavoratore sarà considerato come “assente ingiustificato”.

13) Come si effettua la verifica per i dipendenti che lavorano in trasferta?

La normativa non specifica nulla in merito ma il buon senso ci induce a ritenere che sia il datore di lavoro ospitante a svolgere tale controllo.

14) Gli autisti autorizzati allo scarico e al carico delle merci che non possiedono il Green Pass possono accedere in azienda?

Sì, purché l’autista rimanga confinato sull’automezzo oppure nelle strette vicinanze e per il tempo strettamente necessario.

15) I lavoratori cosiddetti “riders” debbono esibire il Green Pass?

Sì.

16) Il dipendente delegato dal datore di lavoro ad effettuare tale verifica può rifiutarsi ritenendosi demansionato oppure riferendosi ad altre motivazioni?

Qualora non vi sia una motivazione realmente valida il dipendente delegato non potrà rifiutarsi ed, inoltre, tale lavoratore non potrà rivendicare un ipotetico demansionamento in quanto si tratta di operazione che occupa pochi minuti all’interno di tutta l’intera prestazione lavorativa giornaliera. Il dipendente non potrà neanche richiedere una maggiorazione retributiva per le mansioni superiori in quanto tale obbligo vige fino al 31 dicembre 2021 e, pertanto, non raggiungeranno i tre mesi.

17) Se il dipendente produce un certificato di malattia durante il periodo di assenza ingiustificata cosa accade?

Non produce nessun effetto tale certificato di malattia in quanto lo stato di “assente ingiustificato” si instaura immediatamente con la mancata esibizione del Green Pass oppure con l’esibizione di una certificazione scaduta.

18) Il datore di lavoro e il dipendente possono utilizzare il “lavoro agile” ossia lo “smart working”?

Non è possibile ad eccezione delle specifiche categorie ammesse.

19) Il dipendente sprovvisto di Green Pass può richiedere le ferie?

No in quanto l’assenza ingiustificata scatta immediatamente.

20) Un gruppo di lavoratori della pesca che naviga “a largo” per giorni dev’essere controllato ogni giorno?

La normativa non chiarisce tale situazione ma il buon senso ci consiglia di verificare il possesso del Green Pass al momento dell’imbarco e qualora un lavoratore sia provvisto della certificazione verde derivante da tampone e qualora si siano superati i giorni di copertura di tale tampone il dipendente non potrà essere allontanato fin quando non ci sarà la prima occasione utile.

21) E’ possibile per un’impresa con meno di 15 dipendenti sostituire “temporaneamente” il lavoratore sprovvisto di certificazione verde?

Sì e nel contratto è opportuno inserire la scadenza riferendosi “in sostituzione del dipendente signor/signora __________ e fino alla data del rientro”.

22) Il lavoratore assente può essere sostituito ricorrendo al lavoro straordinario oppure al lavoro supplementare?

Sì, per il lavoro straordinario entro il limite delle 250 ore annuali e per il lavoro supplementare con la garanzie previste dal CCNL e dall’art. 6 del D. Lgs. n° 81/2015.

23) Il contratto a tempo determinato fino ai 10 giorni per la sostituzione del lavoratore sprovvisto di Green Pass può essere formalizzato oralmente?

Sì in quanto vige l’applicazione dell’art. 19, comma 4°, del D. Lgs. n° 81/2015 che consente di sottoscrivere i contratti fino ai 14 giorni anche oralmente, salvo l’invio anticipato della comunicazione telematica al centro per l’impiego.

24) Anche i lavoratori “in nero” sono obbligati a dotarsi del Green Pass?

Sì anche se in mancanza di verifica si andranno a sommare le sanzioni dovute ai rapporti di lavoro non inquadrati regolarmente.

25) Anche le colf e badanti debbono essere dotate di Green Pass?

Sì anche se, al momento, rimane senza soluzione la situazione in cui il lavoratore domestico non provvisto di certificazione verde vive nella stessa abitazione del datore di lavoro.

26) Anche i lavoratori che effettuano le pulizie nei condomini sono obbligati a dotarsi del Green Pass?

Sì e tale verifica, per l’impossibilità dell’amministratore, dovrà essere effettuata su delega da un inquilino o proprietario presente nel condominio qualora i lavoratori in questione non siano alle dipendenze di un’impresa appaltatrice che ha l’onore di effettuare tale controllo.

27) Il portiere del condominio dovrà dotarsi del Green Pass?

Sì.

28) A quanto ammonta la sanzione in mancanza di certificato verde e in mancanza di controllo da parte del datore di lavoro?

Per la mancanza della certificazione verde da un minimo di euro 600 fino ad un massimo di euro 1500 (applicando la Legge n° 689/1981) oltre all’avvio di un provvedimento disciplinare rispettando le garanzie previste dal CCNL e dall’art. 7 della Legge n° 300/1970.

Per la mancanza di misure organizzative da parte del datore di lavoro da un minimo di euro 400 fino ad un massimo di euro 1000, mentre, in per la mancanza di controllo da parte del datore di lavoro da un minimo di euro 600 fino ad un massimo di euro 1500 (applicando la Legge n° 689/1981).

Prima di entrare nell’argomento è opportuno sintetizzare la situazione normativa prima dell’introduzione del Decreto Dignità nella quale, nei 14 anni precedenti al D.Lgs. n. 368/2001, si sono attuate ben 34 modifiche normative, l’ultima delle quali disponeva l’eliminazione delle causali obbligatorie in quanto erano fonte di contenzioso tra la parte prestatoriale e la parte datoriale (Legge n. 78/2014 che è stata frutto della conversione del D.Lgs. n. 34/2014). Quest’ultima modifica, come ben sappiamo, è stata abrogata nel 2018 dal Decreto Dignità il quale, in questa fase emergenziale, non rappresenta più di sé un istituto legislativo a tutela dei lavoratori dipendenti.

Proprio per fronteggiare l’emergenza sanitaria il Legislatore ha previsto, ai sensi dell’art. 93 del D.L. n. 34/2020, la possibilità fino al 31 dicembre 2021 di omettere di inserire le causali per i rinnovi e per le proroghe dei contratti a tempo determinato.

Insomma, il Legislatore ha compreso che, in generale, le causali rappresentano un ostacolo per la prosecuzione dei contratti di lavoro a tempo determinato ed, infatti, ha abrogato per i 6 mesi restanti l’obbligo di prevedere una delle causali introdotte con il Decreto Dignità (D.L. n. 87/2018 convertito con la Legge n. 96/2018 con cui possiamo essere anche parzialmente d’accordo) in quanto sono troppo generiche e anche poco aderenti alle esigenze delle imprese. La causale più incomprensibile è quella contenuta dalla lettera b) del comma 1° dell’articolo 19 del medesimo Decreto Dignità la quale è basata sulle “esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria” che così facendo escludono quelle esigenze aziendali dovute a incrementi di produttività che avvengono ciclicamente (periodo dei saldi estivi e dei saldi invernali, etc).

Non a caso, dall’introduzione del Decreto Dignità ad oggi, i datori di lavoro preferiscono assumere il dipendente con un contratto a tempo determinato per un massimo di 12 mesi per poi far cessare tale rapporto di lavoro reclutando, contestualmente, un “nuovo” lavoratore.

Onde evitare la conclusione di tali rapporti di lavoro a tempo determinato il Legislatore è corso al riparo introducendo – con la lettera b-bis dell’art. 41-bis della Legge n. 106/2021 – la possibilità di utilizzare le causali previste dai CCNL e dagli Accordi Sindacali di natura aziendale.

Per noi di FederPartiteIva questa “apertura” normativa nei confronti della contrattazione collettiva svolta dai sindacati rappresenta l’azione più logica e naturale perché riteniamo che soltanto in tale maniera le imprese e i dipendenti potranno instaurare dei rapporti di lavoro a tempo determinato davvero “cuciti su misura” per ogni specifica esigenza produttiva.

Dunque, dopo tre anni dall’introduzione del Decreto Dignità, è possibile assumere personale mediante contratti a tempo determinato utilizzando, oltre i primi 12 mesi, una delle causali previste dai CCNL a livello nazionale, dagli Accordi Sindacali di natura territoriale e dagli Accordi Sindacali di natura aziendale sottoscritti dalle R.S.A. (Rappresentanze Sindacali Aziendali).

Nella pratica, a livello aziendale, si potranno individuare specifiche causali per le quali sarà possibile instaurare contratti a tempo determinato.

Con quale modalità si inseriscono le causali previste dalla contrattazione collettiva e dagli accordi sindacali nei contratti di lavoro individuali al fine di limitare al minimo i contenziosi con il personale dipendente?

C’è da precisare che l’utilizzo delle diverse causali previste dalla contrattazione collettiva e dagli accordi sindacali territoriali e aziendali è attenzionato dalla Magistratura e, pertanto, è chiaro le causali dovranno rispecchiare il caso concreto e non essere frutto di un abuso. Altrimenti, è bene ricordarlo che la mancanza e/o la genericità delle causali generiche determineranno la trasformazione di tali rapporti di lavoro da tempo determinato in quelli a tempo indeterminato.

Le causali dovranno, dunque, riferirsi a “specifiche esigenze aziendali” le quali dovranno essere identificabili e  verificabili per il tramite di dati analitici ed esaustivi da riportare nel contratto e, non caso, si riprende il concetto di fondo del D.Lgs. n. 368/2001 secondo cui il datore di lavoro dovrà rendere evidente la “specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive e organizzative che l’impresa sia chiamata a realizzare e l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata e in stretto collegamento con la stessa” (Cassazione n. 22496 del 9 settembre 2019 e Cassazione n. 208/2015).

Infine, con la Nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 1363 del 14 settembre 2021, scaturita dall’interpretazione dell’art. 41-bis del Decreto Legge n. 73/2021 convertito dalla Legge n. 106/2021, è possibile rinnovare e prorogare oltre i 12 mesi quei contratti a tempo determinato vincolato dalle specifiche e verificabili esigenze aziendali anche successivamente alla data del 30 settembre 2002 che rappresenta il termine ultimo per il regime provvisorio del Decreto Sostegni Bis.

Il nostro sindacato datoriale rilancia le priorità per il nostro Paese affinché si innesti nel tessuto economico e sociale un’adeguata e profonda ripresa da agganciare possibilmente con il PNRR.
E’ necessario ribadire che per noi di FederPartiteIva si ritiene inopportuno parlare di “lotta all’evasione fiscale fine a sé stessa” come la panacea di tutti mali perché è sotto gli occhi di tutti che, da decenni e decenni a questa parte, il nostro sistema pubblico di riscossione dei tributi non è performante.
Anzi, constatiamo che si incassa pochissimo nonostante ci sia un’alta pressione fiscale abbinata ad una eccessiva burocrazia fatta da regole che cambiamo di continuo che spesso risultano poche chiare e che occupano più giornate di lavoro rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea.
L’evasione fiscale nel nostro Paese consta di 80 miliardi di lavoro sommerso che va ad aggiungersi alla parte sommersa proveniente dalla criminalità, di circa 20 milioni di cittadini in debito con l’Erario, del 50% dei debiti provenienti da ogni singolo cittadino che è pari a meno di mille euro.

Pertanto, FederPartiteIva auspica che la politica si faccia carico quanto di prima di costruire, avendo una visione d’insieme, un nuovo impianto fiscale “davvero giusto” per le imprese, per i professionisti e per le famiglie onde evitare in futuro di approvare ulteriori “condoni fiscali”. Tutto questo va per forza di cose abbinata ad un’autentica semplificazione della burocrazia e della “giungla” normativa.

Ancora, è necessario intervenire in maniera “strutturale” anche nel versante del mercato del lavoro ed, in primis, concentrandosi sulle “politiche attive del lavoro”, che per noi di FederPartiteIva andrebbero finanziate adeguatamente anche dal PNRR, sulla riforma degli ammortizzatori sociali al fine di introdurre un “unico ammortizzatore sociale” per le micro e piccole imprese, sulla riformulazione del “lavoro stagionale” e su un cospicuo abbattimento del “cuneo fiscale”.
Concludendo, per quanto concerne l’aspetto previdenziale del nostro Paese, è opportuno anche mettere mano sulle pensioni per attuare una giusta “riforma delle pensioni” e continuando a valorizzare la previdenza complementare.