In seguito alle modifiche introdotte dalla Legge n° 85 del 2023, la quale ha convertito il Decreto Lavoro e vale dire il Decreto Legge n° 48 del 2023, il Ministero del Lavoro – dietro parere dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro – ha emanato pochi giorni fa la propria Circolare n° 9 che fornisce dei primi chiarimenti sulle “nuove causali”, sui “contratti acausali”, sulla moratoria dei “contratti acausali” dal 5 maggio 2023 e per un massimo di 12 mesi e sull’esclusione di alcune tipologie di lavoratori somministrati dal limite massimo stabilito per i contratti di somministrazione a tempo indeterminato e la quale, chiarisce, che resta ancora valida per le parti non incompatibili con il Decreto Lavoro in questione l’altra propria Circolare n° 17 del 31 ottobre 2018.

C’è da menzionare, come prima considerazione, che il Decreto Lavoro non ha modificato il limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato e il contestuale effetto della trasformazione del contratto di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato e, dunque, il limite massimo è sempre quello di 24 mesi salvo le eccezioni previste dai CCNL (ai sensi dell’art. 19, comma 2°, del D.Lgs. n. 81 del 2015) e salvo la sottoscrizione, dinanzi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, di un ulteriore contratto a tempo determinato massimo di 12 mesi come previsto dall’art. 19, comma 3°, del D.Lgs. n. 81 del 2015.

Ancora, il Decreto Lavoro non ha modificato neppure il numero massimo di proroghe consentite (quattro nell’intervallo di 24 mesi) e neppure il regime delle interruzioni tra un contratto a tempo determinato ed un altro (meglio conosciuto come “stop and go”).

Ancora, il Decreto Lavoro in questione permette ancora l’utilizzo delle vecchie causali introdotte con l’articolo 41-bis del Decreto Legge n. 73 del 2021 (introdotto per contrastare l’emergenza sanitaria) purché resti in vigenza il CCNL applicato ed, infine, non apporta nessuna variazione legislativa per gli enti appartenenti alla Pubblica Amministrazione, per le Università private, comprese le filiazioni di atenei stranieri, e per gli Enti privati di Ricerca Scientifica o Tecnologica.

Nella sostanza, il Decreto Lavoro è intervenuto sulla disciplina delle condizioni, sulle proroghe, sui rinnovi e sui limiti percentuali dei lavoratori somministrati.

In merito alla disciplina delle condizioni, al comma 1° dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015, il Decreto Lavoro ha eliminato i presupposti riguardanti alle “esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività” e alle “esigenze connesse agli incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria” perché ha preferito valorizzare la contrattazione collettiva intesa come l’unica sede deputata ad individuare le diverse casistiche che consentono di apporre, ai contratti a tempo determinato, un termine superiore ai 12 mesi e comunque entro e non oltre il limite massimo dei 24 mesi.

Il Decreto Lavoro, in estrema sintesi, si differenzia dalla vecchia normativa per una diversa impostazione di fondo che riguarda il fatto che “non basta più semplicemente limitarsi ad un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina” ma è necessario declinare adeguatamente la casistica con il caso concreto che si presenta per poter continuare ad utilizzare le causali introdotte, a qualsiasi livello, dalla contrattazione collettiva.

Invece, come già riconosciuto dalla precedente legge che ora è stata sostituita dal Decreto Lavoro:

  • spetta sempre alla contrattazione collettiva di stabilire le diverse casistiche a patto che il tutto sia stabilito dai CCNL, dagli accordi sindacali territoriali o aziendali sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale e/o dalle rispettive Rappresentanze Sindacali Aziendali così come è stato previsto dalla nuova lettera a) del 1° comma dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015;
  • sempre in base a quest’ultimo comma, e precisamente con la nuova lettera b), le parti individuali del contratto di lavoro, e vale a dire il datore di lavoro ed il prestatore di lavoro, possono decidere nuove esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva in assenza di specifiche condizioni elencate nei CCNL e sempre se queste giustificano lo sforamento del termine dei dodici mesi. Tale possibilità, però, può essere colta dalle parti individuali del contratto di lavoro fino alla data del 30 aprile 2024 in quanto ai sindacati è stato concesso un congruo periodo di tempo per poter adeguare i loro contratti con quanto è stato introdotto attraverso il Decreto Lavoro. In virtù di questa proroga concessa ai sindacati, c’è da precisare che il Decreto Lavoro ha introdotto una novità che consiste nell’azzeramento dei numeri dei contratti a tempo determinato che si possono sottoscrivere a a partire dalla data del 5 maggio 2023 e, dunque, è possibile stipulare ulteriori contratti a tempo determinato senza le causali per la durata massima di 12 mesi indipendentemente dagli eventuali contratti a termine già intercorsi prima dell’entrata in vigore del Decreto Lavoro il quale è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 4 maggio scorso;
  • sempre in base al 1° comma dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015, e precisamente con la nuova lettera b-bis), le imprese e i professionisti possono ricorrere ai contratti a tempo determinato per sostituire altri lavoratori dipendenti, ad eccezione di quelli che esercitano il diritto di sciopero.

Concludendo, il Decreto Lavoro, e precisamente con il nuovo 1° comma dell’articolo 31 del D.Lgs. n. 81 del 2015, ha introdotto novità con l’intento di superare alcune criticità riferibili ai contratti di somministrazione a tempo determinato esclusivamente per specifiche tipologie di lavoratori dipendenti tra cui, la più importante, è quella di non far computare i lavoratori somministrati assunti con un contratto di apprendistato nel parametro del limite del 20% che dev’essere sempre rispettato da ogni singolo datore di lavoro che intende avvalersi anche di lavoratori presi in prestito dalle agenzie di somministrazione.

Ogni singola impresa ed ogni singolo professionista ha la libertà di scegliere di applicare il CCNL più confacente per il proprio personale dipendente ad eccezione di tre specifiche casistiche di seguito illustrate.

Come sappiamo, il CCNL da applicare rientra nella sfera di esclusiva competenza del singolo datore di lavoro e, pertanto, gli Ispettori del Lavoro potranno imporre di applicare un diverso contratto – in sostituzione del CCNL prescelto – soltanto se vi sono clausole contrarie alla legge oppure riferibili ad un settore economico differente da quello in cui opera l’impresa oppure qualora questo non rispetta il contenuto previsto dalle norme in materia di “minima” contribuzione previdenziale ed assicurativa e vale a dire la Legge n. 389/1989 (che ha modificato l’articolo 1, comma 1°, del D.L. n. 338/1989) unitamente all’articolo 2, comma 25°, della Legge n. 549/1995.

Dunque, l’Ispettorato del Lavoro non può imporre un altro CCNL, tramite un provvedimento amministrativo, teso a migliorare il profilo retributivo dei lavoratori dipendenti. Si parla, infatti, della insindacabilità della scelta del datore di lavoro, che è dunque discrezionale, sia in sede amministrativa che giurisdizionale.

Tutto questo è stato ribadito dal T.A.R. della Lombardia con la Sentenza n. 2046 del 4 settembre 2023 che accoglie il ricorso del datore di lavoro ispezionato.

La società cooperativa in questione, che svolge l’attività di guardia non armata e servizi affini, applicava coerentemente un CCNL specifico per i lavoratori dipendenti del comparto della vigilanza privata e dei servizi fiduciari il quale è stato sottoscritto da sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.

Ebbene, l’Ispettorato del Lavoro di Como-Lecco applicava all’impresa cooperativa in questione un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004 – rifacendosi all’articolo 36 della Costituzione che sancisce una retribuzione dignitosa per i lavoratori dipendenti – tramite cui si obbligava il datore di lavoro ad adottare un diverso CCNL, precisamente uno specifico per i Multiservizi, che prevede trattamenti economici superiori con il conseguenziale obbligo di corrispondere le differenze retributive, relative agli arretrati, calcolate chiaramente in base alle tabelle del nuovo CCNL.

Al contrario degli ispettori meneghini, il T.A.R. della Lombardia con la Sentenza n. 2046 del 4 settembre 2023 annulla il provvedimento di disposizione emesso dalla sede lombarda dell’Ispettorato del Lavoro accogliendo, di conseguenza, il ricorso presentato dalla società cooperativa in questione.

Nello specifico, il T.A.R. della Lombardia si rifà esplicitamente all’artico 7, comma 4°, del D.L. n. 248/2007 che è stato convertito con la Legge n. 31/2008 il quale sancisce che il trattamento economico complessivo minimo da garantire ai lavoratori è quello stabilito dal CCNL del settore comparativamente più rappresentativo sul piano nazionale in quanto – oltre ad essere ritenuto come l’unica fonte idonea ad assicurare la proporzionalità e la sufficienza della retribuzione richiesta dall’articolo 36 della Costituzione – è considerato allo stesso tempo anche come l’unico parametro di riferimento esterno con cui comparare nel complesso la parte economica e la parte normativa previste dal CCNL liberamente scelto dall’impresa in maniera tale da garantire la libertà sindacale, anch’essa tutelata dalla nostra Costituzione Italiana.

Concludendo, le motivazioni del T.A.R. della Lombardia si ritengono validissime in quanto si ricollegano alle uniche casistiche che sono state sopra evidenziate e vale a dire che il CCNL da applicare rientra nella sfera di esclusiva competenza del singolo datore di lavoro e, pertanto, gli Ispettori del Lavoro potranno imporre di applicare un diverso contratto – in sostituzione del CCNL prescelto – soltanto se vi sono clausole contrarie alla legge oppure riferibili ad un settore economico differente da quello in cui opera l’impresa oppure qualora questo non rispetta il contenuto previsto dalle norme in materia di “minima” contribuzione previdenziale ed assicurativa e vale a dire la Legge n. 389/1989 (che ha modificato l’articolo 1, comma 1°, del D.L. n. 338/1989) unitamente all’articolo 2, comma 25°, della Legge n. 549/1995.

Nel 2010 è stata istituita dalla Assemblea delle Nazioni Unite la “Giornata Mondiale dell’Imprenditore” (World Entrepreneurs Day) a cui noi del sindacato datoriale FederPartiteIva con EB01 abbiamo preferito aggiungere la figura del Professionista, in particolare quella dei Consulenti Aziendali tra cui il Consulente del Lavoro, il Commercialista ed il Tributarista i quali rappresentano i principali Collaboratori di ogni singolo imprenditore.

Dunque, noi di FederPartiteIva con EB01 auguriamo una buona “giornata degli imprenditori e dei professionisti” a tutti!!!

È questa una ricorrenza che si festeggia il 21 agosto per celebrare chi ha intenzione di mettersi in proprio e soprattutto chi ha fondato un’impresa o uno studio professionale che ogni giorno lavora senza sosta (secondo noi non è un caso che si festeggia proprio ora che si è in vacanza) per creare benessere e occupazione.

Noi di FederPartiteIva con EB01 ci impegniamo a diffondere la cultura imprenditoriale e quella professionale per riconoscere l’elevato contributo che ogni singolo imprenditore ed ogni singolo professionista apporta al nostro Paese e alla nostra Nazione.

Come di consueto riportiamo una estrema sintesi dello studio preparato da UNIONCAMERE, i cui dati si riferiscono al 2022, il quale è incentrato sulle imprese operanti in Italia:

  • sono oltre 6 milioni, come del resto anche dieci anni fa, le imprese iscritte nel Registro delle Imprese di cui 5.129.335 sono quelle attive.

In Europa la nostra Nazione risulta essere quella con più imprese nonostante fatturino mediamente meno di quelle europee;

  • la maggioranza è composta da micro-imprese (il 60% fattura meno di 100 mila euro) che operano nei comparti del commercio (25,7% delle imprese italiane) e delle costruzioni (14,9%).

In successione, troviamo il comparto dell’agricoltura con il 12,8%, il settore manufatturiero con il 9,4%, la ristorazione assieme ai servizi di alloggio con l’8,2%, il settore immobiliare con il suo 5,4% e così discorrendo;

  • il 50,8% è composto da ditte individuali contro il 30,8% delle società di capitali;
  • il 45% delle imprese è localizzato nel Nord Italia e, precisamente, il 26% nelle regioni del Nord-Ovest e il 19% in quelle del Nord-Est.

A seguire, il 20% delle imprese è situato nel Centro Italia ed il 35% nelle regioni del Sud Italia e delle isole;

  • con oltre 954.000 imprese la regione Lombardia si attesta al primo posto seguita dalla Campania con 611.000 attività produttive, dal Lazio con 609 mila, dalla Sicilia con 479 mila e dal Veneto con 472 mila;
  • le regioni con un numero inferiore di imprese sono la Basilicata con 60 mila, il Molise con 34 mila e la Valle d’Asta con 2 mila in quanto, chiaramente, vi sono meno abitanti in quelle aree geografiche;
  • in virtù della guerra in Ucraina e dell’aumento vertiginoso dei costi dell’energia si è registrato, nel terzo trimestre del 2022, soltanto un aumento di imprese pari ad appena 13.300 unità rispetto a giugno, dato tra i più bassi degli ultimi dieci anni.

 

Come sappiamo dal 1° luglio 2023 le stazioni appaltanti e gli enti concedenti hanno l’obbligo di indicare il CCNL per tutti i bandi pubblici per effetto dell’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs. n° 36/2023) le quali, dunque, dovranno rispettare in particolare il secondo comma dell’artico 11 del D.Lgs. n° 36/2023 e, vale a dire, dovranno indicare il CCNL comparativamente più rappresentativo sul piano nazionale il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’oggetto dell’appalto.

Però nell’atto pratico – poiché spesso in alcuni settori vi è una pluralità di CCNL sottoscritti dai sindacati dei lavoratori comparativamente più rappresentativi, in alcuni casi siglati anche con differenti sindacati datoriali – non è semplice per una stazione appaltante individuare il CCNL giusto che sia il più aderente all’oggetto dell’appalto.

In virtù di tutto questo e in attesa che l’ANAC fornisca le linee guida, per non commettere errori, è opportuno confrontare il CCNL selezionato con le “tabelle di costo del lavoro” che vengono elaborate dal Ministero del Lavoro in diverse occasioni durante l’anno come stabilito dall’articolo 41, comma 13, del Codice degli Appalti.

Per ovviare alle “tabelle di costo del lavoro” prima menzionate è anche possibile – per effetto dell’articolo 11, comma 3, del Codice degli Appalti – che sia l’impresa stessa ad indicare direttamente il CCNL che preferisce anche perché bisogna sempre garantire ai datori di lavoro la libertà di poter scegliere il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro da applicare al proprio personale dipendente.

Precisamente, l’articolo 11, comma 3, del Codice degli Appalti così recita: «Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente» e, pertanto, è ammesso indicare un CCNL differente da quello indicato dalla stazione appaltante purché garantisca le stesse tutele al personale dipendente.

Per dimostrare che il CCNL liberamente scelto dall’impresa garantisca tutto ciò bisogna rilasciare una dichiarazione di equivalenza tramite cui evidenziare che non vi siano scostamenti in relazione alla parte economica (retribuzione tabellare annuale, E.D.R. e mensilità aggiuntive) ed, infine, che non vi siamo scostamenti in relazione alla parte normativa.

Tali verifiche sull’equivalenza del CCNL scelto dall’impresa con quello indicato dalla stazione appaltante, come è stato sancito dalla Nota Illustrativa n° 1/2023 dell’ANAC, vengono prima svolte sulla “parte economica” e, soltanto se tale equivalenza è rispettata, è possibile poi procedere all’equivalenza circa la “parte normativa”.

Ancora, l’ANAC precisa che bisogna confrontare prendendo spunto dalla Circolare n° 2/2020 dell’Ispettorato del Lavoro, nella dichiarazione di equivalenza attinente alla “parte normativa”, i dodici istituti normativi che sono i seguenti:

  • lavoro supplementare e clausole elastiche nel part-time;
  • lavoro straordinario con particolare riferimento ai suoi limiti massimi;
  • periodo di prova;
  • periodo di preavviso;
  • periodo di comporto in caso di malattia ed infortunio;
  • malattia e infortunio con eventuale integrazione delle relative integrità;
  • maternità ed eventuale integrazione della relativa indennità per astensione obbligatoria e facoltativa;
  • monte ore di permessi retribuiti;
  • disciplina compensativa delle ex festività soppresse;
  • bilateralità;
  • previdenza integrativa;
  • sanità integrativa.

Dall’equivalenza di tali dodici istituti, per far accettare dalla stazione appaltante il CCNL scelto, è ammesso uno scostamento limitato a non più di due voci.

Concludendo, è chiaro che sarà molto complicato svolgere l’equivalenza della malattia, della bilateralità, del lavoro straordinario e supplementare in quanto tra i CCNL gli scaglioni delle maggiorazioni sono assai differenti tra di loro, mentre, sarà più agevole comparare la maternità, i permessi retribuiti, il periodo di prova ed il periodo di preavviso.

 

Il sindacato datoriale FederPartiteIva, con EB01 Ente Bilaterale e Organismo Paritetico – Altri Enti e Fondi, augura buone vacanze alle imprese e ai professionisti aderenti nonché a tutti i propri delegati territoriali.

Gli uffici di FederPartiteIva resteranno chiusi per ferie dal 1° agosto fino al 31 dello stesso mese.

Il “Decreto Lavoro” come sappiamo è il Decreto Legge approvato il 1° maggio scorso – meglio conosciuto come il “Decreto Calderone” – il quale è stato convertito definitivamente attraverso la Legge n° 85 del 3 luglio 2023.

Con quest’ultima legge il Legislatore, in merito ai contratti di lavoro a tempo determinato ad eccezione di quelli per le attività stagionali di cui al D.P.R. n° 1525 del 1963, non ha modificato la durata massima di 24 mesi (o di quella stabilita dai CCNL) per le mansioni attinenti allo stesso livello di inquadramento, bensì, ha introdotto le nuove causali (ossia quelle previste dall’art. 24 del D.L. n° 48 del 4 maggio 2023) in sostituzione delle precedenti che sono state introdotte con il “Decreto Dignità” nell’agosto del 2018.

Ci preme ricordare che la legge in questione non ha modificato nulla neanche in merito ad ogni rinnovo i quali dovranno rispettare, sempre e comunque, lo stacco tra un contratto e l’altro – e vale a dire lo “stop and go” così come è previsto dall’art. 21, 2° comma, del D.Lgs. n° 81 del 2015 – perché altrimenti il rapporto di lavoro diventerà a tempo indeterminato a partire dalla data di inizio dell’ultimo contratto.

Oltre a tutto questo ha preferito inserire due particolari novità: la prima prevede l’azzeramento – ai fini del computo massimo – del periodo “acausale” a partire dal 5 maggio 2023, mentre, la seconda specifica che non occorre apporre nessuna tipologia di causale nei primi dodici mesi.

La prima novità, dunque, fa intendere che per i contratti stipulati a partire dal 5 maggio 2023 non si conteggiano i precedenti 12 mesi “acausali” in quanto, come è ben noto, i sindacati dei lavoratori dipendenti e i sindacati dei datori di lavoro non hanno al momento sottoscritto nessuna tipologia di accorsi sulle causali con cui identificare, e pertanto declinare, le “esigenze tecnico, produttive ed organizzative”.

La seconda novità attiene alla procedura di rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato per le stesse mansioni già espletate e, precisamente per effetto del 1° comma dell’art. 21 del D.Lgs. n° 81 del 2015, si riferisce al fatto che “il contratto può essere prorogato o rinnovato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, soltanto in presenza delle condizioni di cui al 1° comma dell’art. 19”.

A nostro avviso, le due novità sopra sintetizzate sono estensibili ai contratti di lavoro in somministrazione a termine.

Concludendo, in merito alle nuove causali si chiarisce che la norma in questione, in ogni caso entro il 30 aprile 2024, è adattabile nei casi previsti dai C.C.N.L. di cui all’art. 51 del D.Lgs. n° 81 del 2015, quindi anche se trattasi di accordi sindacali di secondo livello, nei casi di applicazione di contratti collettivi nazionali di lavoro non rappresentativi se prevedono causali ed, infine, anche nei casi di sostituzione di un qualsiasi lavoratore dipendente assente sul luogo di lavoro ad accezione dei casi vietati dall’articolo 20 del Decreto Legislativo n° 81/2015.

Il giorno 8 giugno scorso il mondo delle attività produttive (imprese e professionisti) ha festeggiato il “Giorno di Liberazione dalle Tasse” meglio conosciuto come il “Tax Freedom Day”.

La presente analisi è stata riportata dall’Ufficio Studi della “CGIA di Mestre (Venezia)” che dal 1995 studia ogni anno il peso della pressione fiscale.

Cosa significa nel concreto festeggiare la “Giornata di Liberazione dalle Tasse”?

Dall’8 di giugno appena trascorso significa che tutti i contribuenti italiani, e dunque anche le imprese e i professionisti, non dovranno più lavorare per pagare tutte le imposte e tutte le tasse attinenti all’anno 2022 in quanto da questa giornata in poi si lavorerà unicamente per noi stessi.

Dunque, nei restanti 207 giorni che ci separano dal 31 dicembre, appunto partendo dalla data dell’8 giugno appena trascorso, noi contribuenti italiani lavoreremo per noi stessi.

Guardando tale dato da un’altra prospettiva, è chiaro che ogni impresa ed ogni professionista ha dovuto lavorare nei primi 158 giorni di quest’anno per finire di pagare tutte le imposte e tutte le tasse riguardanti l’anno 2022.

Soltanto la Francia ed il Belgio pagano più imposte e più tasse dell’Italia.

Andando nello specifico del report dell’Ufficio Studi della “CGIA di Mestre (Venezia)” possiamo constatare che l’anno 2022 è stato l’anno in cui il “Giorno di Liberazione dalle Tasse” si è verificato più in ritardo ed, infatti, la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5%.

Invece, nel 2005 il “Giorno di Liberazione dalle Tasse” è avvenuto in data 23 maggio in quanto la pressione fiscale dell’epoca si aggirava al 39%.

C’è da segnalare che la pressione fiscale del 43,5% dell’anno 2022 non è stata causato da un aumento del prelievo fiscale bensì dall’aumento dell’inflazione dovuta dall’aumento dei costi dei prodotti energetici.

Come si è giunti al calcolo della “Giornata di Liberazione dalle Tasse”?

La stima del P.I.L. nazionale di quest’anno, che è pari a 2.018.045 milioni di euro, è stata suddivisa per 365 giorni con cui si è ottenuto il dato medio giornaliero pari a 5.528,9 milioni di euro. Di seguito sono state “recuperate” le previsioni di gettito delle imposte, delle tasse e dei contributi sociali che i percettori di reddito verseranno quest’anno e sono state rapportate al P.I.L. giornaliero.

Il risultato di tale operazione ha consentito di calcolare il “Tax Freedom Day” del 2023 dopo 158 giorni dall’inizio dell’anno e quindi l’8 giugno.

Sia il dato del P.I.L. nazionale e sia il dato del gettito fiscale sono stati estrapolati dal “Documento di Economia e Finanza 2023, Tabella II 2-1, Conto Economico delle Amministrazioni Pubbliche, pagina 13”.

Il 2 giugno 1946 gli Italiani si recano alle urne per scegliere tra la Monarchia e la Repubblica ed, infine, per eleggere i deputati all’Assemblea Costituente.

La Repubblica ottiene il 54,27% dei voti mentre la Monarchia ne ottiene il 45,73%.

Oggi è il compleanno della nostra Repubblica e, dunque, il nostro sindacato datoriale augura a tutti i cittadini italiani di trascorrere una buona Festa della Repubblica!

Un abbraccio a tutti gli Emiliani e a tutti i Romagnoli!!!
Riportiamo un post che Gianni Morandi ha pubblicato sulla sua pagina:
19 maggio.
“L’ Emilia Romagna è quel pezzo di terra voluto da Dio per permettere agli uomini di costruire la Ferrari.
Gli Emiliani-Romagnoli sono così.
Devono fare una macchina? Loro ti fanno una Ferrari, una Maserati e una Lamborghini.
Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati.
Devono fare un formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano.
Devono fare due spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla.
Devono farti un caffè? Loro ti fanno la Saeco.
Devono trovare qualcuno che scriva canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Dalla, Morandi, Vasco, Liga, Zucchero, Laura Pausini, Cremonini e tanti altri…
Devono farti una siringa? Loro ti tirano su un’azienda biomedicale.
Devono fare 4 piastrelle? Loro se ne escono con delle maioliche.
Sono come i giapponesi, non si fermano, non si stancano, e se devono fare una cosa, a loro piace farla bene e bella, ed utile a tutti..
Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedrali.”
FORZA BOLOGNA
FORZA ROMAGNA
FORZA EMILIA ROMAGNA
NOI POSSIAMO CADERE MA CI ALZEREMO PIÙ FORTI DI PRIMA
NOI NON MOLLIAMO MAI❤
È troppo bella per non condividerla. Un grazie a chi l’ha pensata e scritta.

È un forte segnale di interesse, per il presente ed il futuro del mondo del lavoro del nostro Paese e della nostra Nazione, quello che il Governo Meloni ha voluto esternare ai cittadini italiani, alle famiglie, ai lavoratori dipendenti, ai professionisti e alle imprese tenendo simbolicamente ieri il Consiglio dei Ministri in concomitanza della Festa dei Lavoratori.

È vero che averlo convocato oggi sarebbe stato lo stesso ma è anche pur vero che ogni giorno è preziosissimo in quanto la nostra economia versa in condizioni pietose, non solo per effetto della trascorsa emergenza sanitaria, ma anche soprattutto per le politiche “scellerate” approvate, in particolare, nell’ultimo decennio e precisamente dal vecchio Governo Monti a seguire.

Di seguito sono elencate, sinteticamente, le nuove misure del “Decreto Lavoro” approvato ieri che impattano sul versante datoriale e, dunque, sul mondo produttivo che è composto da professionisti ed imprese:

  • nuove “causali” per le proroghe e i rinnovi oltre i 12 mesi dei contratti di lavoro a tempo determinato le quali saranno stabilite dai Contratti Collettivi sia Nazionali che Territoriali ed Aziendali e sia per effetto di patti individuali o di accordi sottoscritti per sostituire dipendenti assenti. Infine, si chiarisce che la “durata massima del periodo di prova” dev’essere pari ad 1 giorno ogni 15 giorni di calendario con una durata complessiva minima pari a 2 giorni;
  • eliminazione del limite di età di 29 anni per i contratti di apprendistato del comparto “turismo”. La durata di tali contratti di lavoro rimarrà sempre pari a 36 mesi;
  • innalzamento a 15 mila euro della soglia dei “PRESTO” ossia dei voucher delle prestazioni occasionali per i settori che ancora subiscono forti perdite derivanti dalla trascorsa emergenza sanitaria e vale a dire i comparti dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti balneari e dei parchi di intrattenimento e, nello specifico, da tutte le imprese in questione che hanno alle proprie dipendenze al massimo 25 lavoratori a tempo indeterminato;
  • incentivo sulle assunzioni dei giovani con età inferiore ai 30 anni iscritti al percorso “occupazione giovani” che consiste ad uno sgravio pari al 60% della retribuzione lorda mensile per 12 mesi;
  • incentivo sulle assunzioni sui percettori dell’Assegno di Inclusione (che sostituisce il Reddito di Cittadinanza) che consiste ad uno sgravio pari al 100% dei contributi a carico del datore di lavoro (50% in caso di contratto stagionale o a termine) entro il limite degli 8 mila euro e per 12 mesi che potranno essere estesi a 24 mesi in caso di trasformazione di un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato;
  • possibilità di effettuare, all’interno di ogni singolo contratto di lavoro individuale tra datore di lavoro e prestatore di lavoro, il rimando alle condizioni specifiche previste nel C.C.N.L. applicato con l’esclusione della comunicazione dei controlli a distanza se totalmente automatizzati;
  • obbligo per il datore di lavoro che utilizza attrezzature di lavoro di sottoporsi alla partecipazione e al superamento di uno specifico corso di formazione attinente alla sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • sempre in merito alla sicurezza sul lavoro, obbligo della nomina del Medico Competente qualora sia previsto nel D.V.R. e vale a dire nel Documento di Valutazione dei Rischi.

Concludendo, si riportano le novità salienti emanate nel “Decreto Lavoro” in questione che interessano le famiglie e i lavoratori dipendenti che sono:

  • incremento dell’esonero sulla quota dei contributi previdenziali da luglio fino a dicembre 2023 e, nello specifico, la percentuale di esonoro passa dal 3% al 7% per i redditi inferiori ai 25 mila euro e dal 2% al 6% per i redditi compresi tra i 25 mila euro e i 35 mila euro. Si stima che il risparmio “fiscale” per tali lavoratori si aggirerà intorno ai 95/100 euro mensili;
  • aumento dell’importo dell’assegno unico per quelle famiglie in cui è presente un unico genitore che rimarrà valido anche qualora verrà a mancare il secondo genitore;
  • aumento per il 2023 entro il limite dei 3 mila euro della soglia entro cui risultano non tassabili le somme erogate dal datore di lavoro al dipendente, esclusivamente se ha familiari a carico, a titolo di welfare aziendale e a titolo di fringe benefit comprensive anche delle somme erogate per il rimborso delle utenze domestiche (acqua, luce e gas);
  • previste misure di welfare per rafforzare la conciliazione tempi di vita e lavoro per il tramite del coinvolgimento dei centri estivi e dei servizi socio-educativi;
  • aggiornamento del D.V.R. (Documento di Valutazione dei Rischi) per garantire un’ulteriore protezione in merito alla sicurezza sul lavoro all’interno delle scuole che attivano i percorsi di “alternanza scuola/lavoro” con la contestuale istituzione del Fondo per le famiglie di studenti vittime del lavoro.