Una quotidiana responsabilità: oggi è la Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza nei luoghi di lavoro.

Serve un’autentica cultura della “sicurezza sul lavoro” da diffondere quotidianamente in tutti gli ambiti della vita quotidiana e, dunque, non soltanto nei luoghi di lavoro.

Infine, nell’immediato sono necessari più controlli, più ispettori da assumere, più formazione e più fondi per le iniziative incentrate sulla prevenzione dei rischi.

Auguriamo a tutte le imprese e tutti i professionisti nostri iscritti, oltre che a tutti i nostri referenti territoriali, un buon 25 aprile!

Invitiamo tutti a visitare i siti internet della FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane), della FIVL (Federazione Italiana dei Volontari della Libertà), della ANPC (Associazione Nazionale Partigiani Cristiani), della ANCFARGL (Associazione Nazionale Combattenti Forze Armate Regolari Guerra di Liberazione) e di tutte le altre appartenenti alla Confederazione Italiana fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane le quali sono importanti organizzazioni partigiane, mediaticamente ancora poco conosciute, che hanno contribuito significativamente alla Liberazione del nostro Paese e della nostra Nazione.

FIAP www.fiapitalia.it

FIVL www.fivl.eu

ANPC www.anpcnazionale.com

ANCFARGL www.combattentiliberazione.it

Come sappiamo, il “potere di disposizione” è quella prerogativa secondo cui i funzionari dell’Ispettorato del Lavoro sono autorizzati ad emanare un provvedimento scritto con cui si obbliga un datore di lavoro ad eliminare, entro trenta giorni nella maggioranza dei casi, una o più irregolarità riscontrate.

Con la sentenza n° 2778 del 21 marzo 2024, il Consiglio di Stato – rifacendosi all’art. 14 del D.Lgs. n° 124 del 2004 – estende tale potere di disposizione anche nei casi di violazione dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro e, in generale, in tutti i casi di irregolarità rilevate in materia di lavoro e di legislazione sociale.

Dunque, anche nei casi di violazione dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro, l’Ispettorato del Lavoro può costringere un’impresa a regolarizzare le infrazioni, individuate e segnalate per iscritto, che scaturiscono dalla mancata osservazione, anche di fatto, del C.C.N.L. applicato limitatamente, però, ai diversi enunciati normativi contenuti nella “parte economica e normativa” del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, tralasciando quindi quasi tutti quelli contenuti nella “parte obbligatoria”.

Si vedano, per un ulteriore approfondimento di quanto prima riportato, la Circolare n° 5 del 2020, la Nota n° 4539 del 15 dicembre 2020 ed, in particolare, la Circolare n° 2 del 28 luglio 2020 incentrata sugli indici per la comparazione dei C.C.N.L. e la Circolare n° 9 del 10 settembre 2019 dedicata sulla fruibilità degli incentivi e contrattazione in merito alla portata dell’articolo 1, comma 1175, della Legge n° 296 del 2006, tutte emanate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Gesù Cristo, crocifisso e risorto, cammina attraverso la storia dell’Uomo, attraverso la storia dell’Umanità e delle Nazioni.

Le generazioni, sull’albeggiare della domenica di Pasqua, stanno davanti alla tomba vuota e ascoltano già da ormai duemila anni il medesimo messaggio apostolico:

“Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato”.

(Papa Giovanni Paolo II)

Il famoso “Jobs Act” approvato dal Governo di Centro-Sinistra di allora, capeggiato dal Senatore Matteo Renzi, viene messo in discussione dalla Sentenza n° 22 del 22 febbraio 2024 emessa dalla Corte Costituzionale la quale – eliminando l’avverbio “espressamente” dall’articolo 2, primo comma, del Decreto Legislativo n° 23 del 2015 – ha stabilito che le motivazioni, tramite cui si possono considerare “nulli” i licenziamenti, non sono soltanto quelle elencate “espressamente” dall’articolo prima menzionato, ma, anche tutte le altre decise, caso per caso, dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e, dunque, assisteremo in futuro al verificarsi di ulteriori casistiche di “nullità” attraverso cui un lavoratore potrà ottenere la reintegra del proprio posto di lavoro.

La decisione in questione si applicherà a tutti quei lavoratori che sono stati assunti con un contratto a tutele crescenti (cioè a partire dal 7 marzo 2015) per poi essere stati licenziati ingiustamente.

Si è giunti a tale sentenza in quanto, in precedenza, la Corte di Cassazione aveva sancito che le “nullità” escluse dall’articolo prima menzionato avevano prodotto, tutte assieme, la violazione dell’essenza stessa della Legge Delega che ha ispirato il “Jobs Act” – precisamente la violazione dell’articolo 1, settimo comma lettera c), della Legge n° 183 del 2014 – la quale, infatti, legittimava senza nessuna distinzione il ricorso al diritto della reintegra del posto di lavoro in tutti i casi dei “licenziamenti nulli”.

Di conseguenza, in virtù di tale violazione dell’essenza stessa della Legge Delega ispiratrice del “Jobs Act”, per la Corte di Cassazione si è verificato un eccesso di delega legislativa.

Per cui, la legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Cassazione, mediante la relativa Sentenza del 7 aprile 2023 emessa dalla Sezione Lavoro, è stata accolta a pieno dalla Corte Costituzionale.

In parole povere, da qui scaturisce che, per la Sentenza in questione, il famoso “Jobs Act” non ha individuato un’apposita regolamentazione da applicare anche alle altre casistiche di licenziamento considerate “nulle” che non sono state specificatamente elencate come tali nella legge perché, appunto come sappiamo, sono state escluse dall’articolo 2, primo comma, del Decreto Legislativo n° 23 del 2015.

Paradossalmente, queste altre casistiche di licenziamento considerate “nulle” – che non sono state specificatamente elencate come tali nella legge come, ad esempio, il licenziamento motivato dall’azione avviata dal dipendente per segnalare un illecito del datore di lavoro, il licenziamento in violazione delle restrizioni sui licenziamenti economici durante le emergenze nazionali certificate dallo Stato, il licenziamento contrario alle norme circa il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e il licenziamento in violazione del diritto alla conservazione del posto per i lavoratori con problemi di tossico-dipendenza – non potendo essere configurate come licenziamenti “economici” non possono beneficiare né del diritto della reintegra del posto di lavoro e né, tantomeno, della indennità prevista per le altre forme di licenziamento illegittimo.

Tale analisi, generata dalla Cassazione, circa il vuoto normativo in questione si è basata tenendo in considerazione che la recente “giurisprudenza consolidata” – sia nel diritto del lavoro che negli altri ambiti settoriali – ha elevato al rango delle “nullità” tutte le diverse violazioni delle norme imperative.

Nella sostanza, si può dire che si ritorna, in parte, all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, periodo in cui precedenza – ricordiamo che prima il lavoratore licenziato ingiustamente otteneva in tutti i casi sempre la reintegra del posto di lavoro – i diversi Giudici avevano un più ampio ventaglio di garanzie da poter attivare a beneficio dei lavoratori, perché con la Sentenza in questione si vanno ad aggiungere ulteriori tutele rispetto a quelle previste dal “Jobs Act” anche per i licenziamenti cosiddetti “economici” e, pertanto, il diritto di reintegra del posto di lavoro non sarà una prerogativa esclusiva dei differenti licenziamenti discriminatori e di quelli disciplinari.

Sinteticamente, la Corte di Cassazione ha voluto precisare che il licenziamento “nullo” non si perfeziona unicamente nei casi dei licenziamenti discriminatori e dei licenziamenti ingiustificati (licenziamento di madre in gravidanza e in maternità, licenziamento per ragioni collegate al matrimonio, etc.).

Concludendo, limitatamente all’avverbio “espressamente” – contenuta nell’articolo 2, primo comma, del Decreto Legislativo n° 23 del 2015 – si è deliberata, ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione, la illegittimità costituzionale della norma e, quindi, ora spetta al Parlamento riformulare la norma sulla scia delle prescrizioni emanate dalla Corte Costituzionale.

Come sappiamo il 31 dicembre 2024 (per effetto dell’entrata in vigore del Decreto Mille Proroghe 2024 che ha fatto slittare la precedente scadenza fissata per il 30 aprile 2024) scadrà la nuova causale stabilita dall’articolo 24 del Decreto Lavoro la quale sancisce che, in assenza di causali appositamente disciplinate dal C.C.N.L. applicato, si potrà assumere con contratti a tempo determinato esclusivamente per i motivi sostitutivi (ad esempio, la sostituzione di una lavoratrice in maternità) oppure per una durata massima di 12 mesi tenendo conto anche tutti gli altri rapporti a termine svolti dallo stesso prestatore di lavoro per le stesse mansioni di quelle che si intende contrattualizzare.

Dunque, sarà più difficile assumere una risorsa umana con un contratto a termine in quanto si dovrà, in mancanza di previsioni contenute nel Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro applicato all’unità produttiva in esame, stipulare un Accordo Sindacale di Secondo Livello di natura aziendale oppure di tipo territoriale con i sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale e/o con le rispettive Rappresentanze Sindacali Aziendali così come è stato previsto dalla nuova lettera a) del 1° comma dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015.

C’è da sottolineare che, purtroppo, ad oggi sono pochi i C.C.N.L. che hanno individuato specifiche causali per i contratti a termine.

Nel frattempo, chiaramente ancora per pochissimo tempo salvo una eventuale proroga, il datore di lavoro e il lavoratore possono inserire, in perfetta autonomia, nel contratto individuale di lavoro delle specifiche causali che si rifanno alle “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” dell’impresa in questione.

Rammentiamo che è obbligatorio – ad esclusione dei contratti a termine di tipo stagionale – inserire una specifica causale nei contratti a termine nelle seguenti casistiche:
• sottoscrizione del primo contratto a termine o della somministrazione di lavoro a termine qualora la durata sia superiore ai 12 mesi;
• sottoscrizione di un ulteriore contratto a termine oppure l’avvio di una somministrazione a termine dopo i 12 mesi.

Per concludere, ricordiamo – come tutti noi sappiamo – che sottoscrivere un contratto a tempo determinato superiore ai 12 mesi senza l’inserimento di una causale implica, come sanzione, l’automatica trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

Riscontriamo una clamorosa assenza di provvedimenti a supporto del ceto medio produttivo e, dunque, delle imprese e dei professionisti che, nel loro insieme, compongono il tessuto produttivo della nostra Nazione.

Sappiamo perfettamente che il Governo Meloni si trova a gestire una situazione economica e finanziaria molto ma molto complessa, senza contare le problematiche afferenti all’inflazione e ai diversi conflitti militari più o meno vicini.

Ergo, noi chiediamo con forza al Presidente Meloni e a tutti gli altri Ministri del Governo Italiano, con i rispettivi partiti politici, di approvare nella prossima Legge di Bilancio uno “scossone fiscale” riservato all’intero mondo delle attività produttive che investono sul serio nella crescita, in particolare per le micro e piccole imprese e dei professionisti.

Ci teniamo a precisare al Primo Ministro Giorgia Meloni – la quale è ben cosciente di tutto questo – che noi rappresentiamo l’Italia che lavora, che produce e che paga le tasse e, pertanto, ribadiamo che senza un supporto strutturale al ceto medio mai la nostra Nazione potrà crescere e prosperare economicamente, socialmente e culturalmente.

Inoltre, chiediamo che si approvi quanto prima un’adeguata Riforma della Burocrazia e la Riforma della Giustizia, non soltanto per migliorare i rapporti tra i cittadini, tra i cittadini e lo Stato e tra le imprese e i cittadini, ma anche per rendere altamente “attraente” la nostra Nazione anche agli occhi degli investitori stranieri.

Per il resto, la Legge di Bilancio 2024 è stata improntata in maniera seria e strutturale con l’intento di salvaguardare, con tutti i limiti dovute alle scarsissime risorse disponibili, le fasce dei lavoratori dipendenti e delle famiglie meno abbienti e, tutto questo, è per noi di notevole importanza perché si difende la domanda dei beni e dei servizi e allo stesso tempo anche il versante di chi offre i beni e i servizi e, vale a dire, il mondo produttivo che noi rappresentiamo.

Concludendo, apprezziamo anche la revisione del sistema fiscale ed, in particolare, quanto è stato introdotto con il Decreto Legislativo n° 219 del 30 dicembre 2023 per migliorare lo “Statuto dei diritti del Contribuente” con l’innesto di quei Principi Costituzionali che, elevando in questa maniera il medesimo Statuto al rango della Costituzionalità, vede ad esempio l’introduzione del divieto del “ne bis in idem” utile per neutralizzare il fenomeno delle “cartelle pazze” e l’inserimento del “principio di proporzionalità” ed, infine, la possibilità di richiedere all’Amministrazione Finanziaria una consulenza giuridica mediante un apposito interpello.

Auguriamo un 2024 di successi a tutti coloro che collaborano con noi e a tutti i nostri iscritti.

Con l’equiparazione dello “Statuto dei diritti del Contribuente”, introdotto con la Legge n° 212 del 2000, alla nostra Carta Costituzionale, si prevede un forte miglioramento del rapporto tra il Fisco Italiano e i suoi Contribuenti in quanto, in caso di dubbie interpretazioni circa la legislazione di natura tributaria, si dovrà per forza di cose rifarsi a quanto è stato stabilito dal medesimo Statuto e, dunque, si introduce un cambio di paradigma nel rapporto tra il Contribuente e l’Agenzia delle Entrate, con un aumento degli obblighi per quest’ultima.

Si tratta di una svolta significativa, oltre che storica, perché si otterrà una relazione di tipo paritario tra il Fisco e il Contribuente, soprattutto nei casi di dubbi interpretativi circa le normative fiscali.

In estrema sintesi, le novità apportate dai due nuovi decreti attuativi della Riforma Fiscale, approvati il 23 ottobre scorso dal Consiglio dei Ministri in attuazione della Legge n° 111 del 2023, sono le seguenti:

  • istituzione del “Garante Nazionale del Contribuente” che sarà dotato di poteri maggiori di quelli posseduti dall’attuale Garante;
  • annullabilità dell’iscrizione a ruolo qualora il Contribuente non sarà preventivamente invitato a fornire chiarimenti in merito;
  • introduzione del “contraddittorio informato ed effettivo” e garanzia di “accesso agli atti e ai documenti tributari” perché, altrimenti, l’atto sarà dichiarato nullo;
  • ogni singolo provvedimento dell’Amministrazione Finanziaria dovrà essere motivato e sostenuto da prove e da motivazioni giuridiche, altrimenti sarà sottoposto alla procedura di annullabilità in quanto si è preferito proteggere il Contribuente il quale dovrà essere informato dettagliatamente sulle cause, sulle prove e sui presupposti su cui si basa il provvedimento;
  • un’azione accertativa potrà essere effettuata un’unica volta per ogni singolo periodo d’imposta e, dunque, si introduce il principio giuridico del divieto del “ne bis in idem”;
  • saranno configurati come inesistenti tutti quegli atti impositivi e tutti quegli atti di riscossione che non sono sostenuti dagli elementi essenziali;
  • in caso di errore – dovuto alle ipotesi di errore di persona, di calcolo, sull’individuazione del tributo, dell’ipotesi di errore materiale del Contribuente facilmente identificabile – l’atto sarà annullato in maniera obbligatoria, anche su richiesta del Contribuente, e più velocemente di prima e, pertanto, si introduce il principio della “autotutela obbligatoria”, mentre, nei casi di annullabilità dell’atto per questioni di illegittimità, infondatezza dell’atto stesso oppure nei casi di infondatezza dell’imposizione, ci troveremo di fronte alla “autotutela facoltativa”;
  • attivazione, dietro il pagamento di uno specifico contributo, del servizio di interpello tramite cui sarà possibile richiedere una consulenza fiscale sul quesito presentato da un qualsiasi Contribuente;
  • i due decreti attuativi in questione confermano il “principio di irretroattività” delle norme tributarie.

Ancora, è stata prevista l’introduzione della rata aggiuntiva del 16 dicembre in cui poter pagare le rate del saldo e di acconto delle imposte ed, inoltre, è stata stabilita la sospensione delle trasmissioni degli atti da destinare all’Agenzia delle Entrate nei mesi di agosto e di dicembre oltre all’innalzamento della soglia prevista per il visto di conformità apposto dal consulente che partirà da 70 mila anziché da 50 mila.

Infine, si applicherà il “principio di proporzionalità” nelle procedure di esecuzione delle azioni amministrative avviate dall’Amministrazione Finanziaria le quali non potranno mai essere eccedenti rispetto ai fini perseguiti e le quali non potranno mai limitare i diritti del Contribuente oltre quanto strettamente necessario al raggiungimento del proprio obiettivo.

FederPartiteIva ed EB01 augurano ai propri iscritti e ai propri dirigenti e delegati, nazionali e territoriali, un sereno Natale!