L’accordo collettivo “aziendale” per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo alla luce dei recentissimi messaggi dell’INPS
Fino alla data del 31 marzo 2021 sappiamo perfettamente che non sono ammessi i “licenziamenti per giustificato motivo oggettivo” ad eccezione, però, di quelli convalidati esclusivamente per il tramite di un “accordo collettivo aziendale” che abbia ad oggetto “un adeguato incentivo” per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e limitatamente a quei lavoratori che aderiranno al predetto accordo, ai sensi del comma 311 dell’art. 1 della Legge n° 178/2020, i quali avranno diritto di percepire la prestazione di disoccupazione NASPI.
Con la Circolare INPS n° 111/2020 si ribadisce che tale “accordo collettivo aziendale”, ai fini della percezione della NASPI, va allegato unitamente alla relativa richiesta di indennità di disoccupazione il quale, però, non va depositato presso il Ministero del Lavoro secondo le previsioni dell’art. 14 del D.Lgs. n° 151/2015.
Pertanto, non sono ammessi accordi collettivi territoriali oppure nazionali e, quindi, sono validi i licenziamenti per g.m.o., con il diritto per i lavoratori di riscuotere la NASPI, esclusivamente se formalizzati per il tramite degli accordi collettivi di natura aziendale.
Poiché sono emersi dubbi interpretativi provenienti da alcune filiali territoriali dell’INPS circa l’espressione utilizzata dal Legislatore nel menzionare che l’accordo collettivo aziendale sia stipulato “dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”, si precisa – mediante il Messaggio INPS n° 689 del 17 febbraio 2021 – che è sufficiente la firma anche di una sola organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale.
Sul periodo precedente si intuisce che le R.S.A. oppure le R.S.U. non potranno sottoscrivere tali accordi e, riflettendo, consideriamo che queste potranno siglare tali documenti “ad abundantiam” e, pertanto, aggiungendosi alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Tali interruzioni “consensuali” formalizzati con il predetto “accordo collettivo aziendale” dei rapporti di lavoro vanno riportati con il Codice Tipo cessazione “2A” all’interno del flusso Uniemens come previsto dal Messaggio INPS n° 528 del 5 febbraio 2021. Ed, infine, le imprese che hanno già utilizzato codici diversi sono tenuti a fare le opportune rettifiche.
Ma cosa dovrà contenere tale accordo collettivo aziendale?
La normativa emanata su questo punto durante tutta questa emergenziale è abbastanza scarna ed, infatti, ha riportato soltanto le indicazioni inerenti il contenuto (incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo) e, quindi, si reputano questi elementi:
– i profili dei lavoratori che si considerano in eccedenza senza l’indicazione dei nominativi dei lavoratori in questione;
– le somme destinate all’incentivo all’esodo parametrate sul numero delle mensilità riconosciute e diversificate in ragione dell’anzianità lavorativa, del livello o della categoria professionale o di situazioni personali ben conosciute;
– la data entro la quale i lavoratori interessati dovranno esprimere il loro consenso mediante la sottoscrizione dell’accordo;
– l’eventuale sede in cui formalizzare che può essere, oltre alla sede lavorativa, una “sede protetta” ossia la Sede Sindacale oppure l’apposita Commissione di Conciliazione dell’Ispettorato del Lavoro. Se l’incentivo all’esodo verrà elargito in “sede protetta” (Sede Sindacale oppure Ispettorato del Lavoro) il lavoratore non sarà tenuto alla conferma della risoluzione consensuale mediante la procedura informatica prevista dal D.M. del Ministro del Lavoro a seguito della previsione dell’art. 26 del D.Lgs. n° 151/2015.
Concludendo, si precisa che il datore di lavoro – con la stipula di tali accordi collettivi aziendali – è obbligato al pagamento del ticket di ingresso alla NASPI come sancito dall’art. 2, comma 31, della Legge n° 92/2021 e dalle Circolari INPS n° 140/2021, n° 44/2013 e n° 40/2020. Quest’ultima chiarisce, in maniera esauriente, sia le modalità di calcolo e sia le ipotesi nelle quali il ticket non è dovuto come ad esempio nei casi di c.d. “isopensione” ex art. 4, commi da 1 a 7 ter, della Legge n° 92/2021, di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un dipendente già pensionato, di risoluzione consensuale in “sede protetta” ex art. 410 e 411 del C.p.C. con datore di lavoro avente meno di quindici dipendenti come precisato dal Ministero del Lavoro con la Nota del 12 febbraio 2016 e così discorrendo.
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