Dal 1° gennaio 2022 entrerà in vigore la “certificazione della parità di genere” la quale sarà rilasciata alle imprese, ai professionisti e agli altri restanti datori di lavoro che garantiranno gli stessi stipendi e gli stessi diritti “economici” dei dipendenti e dei quadri e dirigenti uomini alle dipendenti e alle dirigenti e quadri donne. Tale certificazione, oltre a garantire identici stipendi e identiche mansioni per le lavoratrici e per i lavoratori, sarà strutturata anche sulle diverse politiche, misure e azioni adottate per favorire le stesse opportunità di crescita e di progressione di carriera e per favorire la maternità.
Tale “certificazione della parità di genere” consentirà ai datori di lavoro più attenti e più sensibili alla tematica della “parità salariale” tra uomo e donna di poter usufruire di diverse agevolazioni e incentivi come, ad esempio, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali nel limite dell’1% e di 50 mila euro annui e l’ottenimento di ulteriori aiuti di Stato e/o finanziamenti e contributi pubblici in generale.
Ancora, gli Enti Pubblici, nei rispettivi bandi di gara per l’acquisto di beni e servizi, favoriranno quelle imprese in possesso della “certificazione della parità di genere”
L’obiettivo della presente legge si muove su due direttrici: la prima intende annullare il “salary gap” tra uomo e donna, mentre, la seconda persegue il raggiungimento della piena partecipazione delle donne nel mercato del lavoro in quanto, in Italia, una buona fetta di queste non hanno la possibilità di esprimere a pieno le proprie capacità umane e tecniche nei vari contesti lavorativi.
E questo fenomeno incide, purtroppo come un macigno, sul PIL della nostra economia al pari delle altre problematiche quali l’eccesso di imposizione fiscale, l’eccesso di burocrazia, l’assenza di adeguati servizi per le donne lavoratrici con figli e la liberalizzazione di diversi settori economici. Nello specifico si stima che tale urgenza sociale fa perdere ogni anno almeno l’8% al nostro Prodotto Interno Lordo.
Andando nello specifico della questione, uno studio diffuso nel 2018 dall’ISTAT ha rilevato, ad esempio, che la retribuzione “media” giornaliera di una donna laureata è pari a 19,60 euro contro i 23,90 euro dei lavoratori uomini.
Un peculiare obbligo, il quale se non rispettato sarà sanzionato su verifica da parte dell’Ispettorato del Lavoro, sarà richiesto alle organizzazioni (anche a tutti gli enti della Pubblica Amministrazione) con più di 50 dipendenti ed, infatti, si dovrà ogni due anni redigere un rapporto in cui riportare lo stato dell’occupazione femminile e maschile, lo stato della formazione del personale dipendente femminile e maschile, lo stato delle opportunità di crescita e della progressione di carriera per le lavoratrici, lo stato dei pre-pensionamenti e così discorrendo.
Concludendo, prossimamente il Presidente del Consiglio dei Ministri stabilirà, per il tramite di appositi decreti, i parametri minimi per il conseguimento della certificazione in questione e le modalità di monitoraggio del fenomeno oltre ad istituire il “Comitato Tecnico permanente sulla Certificazione di genere nelle imprese” presso il Dipartimento per le Pari Opportunità.